La giornata mondiale delle persone, che la società rende disabili.
Abbiamo un sistema di valori talmente vecchio e decrepito, da cadere a pezzi. Questo fa paura perché lascia senza più punti di riferimento e allora lo stiamo puntellando, tentando di tenere tutti i pezzi attaccati con lo scotch. Ma ci sta poco da fare perché è ormai morente e destinato a crollare.
Ci toccherà prima o poi, di smettere di resistere all’inevitabile cambiamento e cominciare ad educare noi stessi ad una nuova cultura, ad un nuovo linguaggio. Interiorizzando un nuovo sistema di valori che diventerà naturale e condiviso da tutti.
Nel frattempo, è difficile cambiare prospettiva e modo di ragionare e si sbaglia parecchio nel farlo. Mi piace immaginarci come bimbi piccoli che imparano a parlare e a rapportarsi con il mondo. Al momento, stiamo effettivamente andando per tentativi, iniziando con i primi vocalizzi, sbagliando parecchio, dicendo e facendo delle gran cazzate.
Il problema è che non siamo educati alla differenza ma alla normalità, che ci è stata inculcata come un valore.

Siamo tutti diversi e non facciamo altro che confrontarci da sempre con qualcosa che non esiste, perché lo abbiamo imparato da chi lo faceva a sua volta prima di noi e così via.
Forse è ora di romperlo questo ciclo.
Chiediamoci chi siamo noi stessi prima di tutto, in che modo coltivare la nostra diversità, farla diventare un valore, qualcosa che ci dà valore perché ci rende unici. Quando ci renderemo conto di essere tutti diversi, forse non sarà più così assurdo concepire la diversità in ogni sua declinazione.
La lingua, che è viva e si evolve di continuo, è la naturale espressione di questo nuovo modo di vedere le cose. E allora se si moltiplicano le definizioni, non è esagerazione o politicamente corretto, è che fino ad ora non ci siamo mai posti questo tipo di problemi. La società è andata dritta per la sua strada senza aspettare nessuno, pensando che tutti corressero alla sua velocità e che chi non lo faceva, avesse un deficit o fosse mancante in qualcosa.
E allora che fai? Prevedi una corsia differenziata, degli aiuti, mentre continui a mantenere in atto le condizioni che disabilitano le persone. Forse è arrivato il momento di rallentare, buttando giù un po’ di barriere non solo fisiche, architettoniche, sensoriali… ma anche mentali e culturali.
Per non lasciare più nessuno indietro e questa volta per davvero. E nel farlo, magari scopriremo di averci guadagnato un po’ tutti, di ritrovarci a stare meglio. Smettendola una buona volta di raccontarci un giorno all’anno tutto quello che sarebbe giusto fare per non escludere le persone.

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