Congelatə
Le Cronache del Bradipo

Congelatə

Qualche settimana fa ho portato a termine il mio contributo per un progetto (del quale vi parlerò prossimamente) e questo mi ha lasciata letteralmente senza energie.

O meglio, con ancora meno energie del solito, considerando il caldo equatoriale di questi ultimi due mesi e la mia solita verve.

Mi capita di frequente di sentirmi a terra, spesso di sperimentare delle mini crisi depressive che durano qualche giorno, ma questa è durata taaanto e devo ammettere di essermi spaventata parecchio.

“Burnout”

ho pensato. Possibilissimo, in questi quasi tre anni, tra il blog e Neuropeculiar, ho dato veramente il massimo, ci sta l’essere almeno un po’ stanchini. A differenza di altri burnout però questo è stato diverso, ho passato una quantità di tempo spropositata a guardare nel vuoto sentendomi angosciata per qualsiasi cosa!

Nella mia pratica quotidiana di vivisezionare me stessa e gli altri, ho provato a chiedermi

Ma che davero, devo passare tutta l’estate a iperventilare?

Davero si, ho passato quasi tutto luglio in questo stato:

Congelatə

Non trovo altre parole per descriverlo meglio. Tutto quello che dovevo fare era lì davanti a me, mi osservava e io di rimando lo osservavo come si guarderebbe l’abisso.

Guardando il vuoto quindi, tra un granello di polvere sospesa e l’altro, mi sono ricordata di altri momenti della mia vita in cui mi sono sentita nello stesso modo. Allora non sapevo nulla di burnout, né tantomeno di autismo, ma ne sapevo tanto del sentirsi incapace di avanzare o di arretrare.

[Immagine tratta dal film “Tre uomini e una gamba”. Aldo Baglio è aggrappato ad una parete rocciosa e dice: “Adesso non posso né scendere né salire! Né scendere, né salire!”]

Tutte le volte per quanto mi spronassero, per quanto mi spronassi io stessa, continuavo ad essere capace solo di osservare il vuoto per giorni. Visto che adesso purtroppo c’ho anche “una certa” e una prole, questo stato semi-vegetativo non era sostenibile né auspicabile. Una notte mi si è materializzato in sogno Archimede da Siracusa che invocando:

“Datemi una leva e ti solleverò dal divano”

mi dava buone speranze di ripresa. Ma al risveglio, Archimede non pervenuto purtroppo. Allora ho pensato bene di usare finalmente quella lavagnetta comprata mesi addietro. Per scrivere tutto il mappazzone di roba da finire, per averla davanti agli occhi e alimentare il panico, sperando che questo mi aiutasse a venirne fuori.

Non è stata una grande idea, perché PANICO + ANGOSCIA = FUGA!

[Descrizione immagine: vignetta dal titolo “Congelamento”. C’è Archimede da Siracusa in abiti della sua epoca che dice “dammi una leva e ti solleverò dal divano”. Il Bradipo è lì accanto congelato dentro ad un cubetto di ghiaccio, seduto su un divano giallo]

Per quanto masochistico però, è stato risolutivo. Perché quantomeno ho capito perché avevo iniziato a stare così. O meglio, da quando. C’entrava quel famoso “contributo” di cui parlavo all’inizio, nel quale ho ripercorso dei quasi otto anni successivi alla mia diagnosi. Il fatto che lavorandoci, io abbia pianto per gran parte del tempo, mi ha fatto realizzare di quanto gli anni passati siano stati difficili.

Ma chi te l’ha fatto fare di andare a rimestare così?!

Direte.

Avete presente quando hai capito che è arrivato il momento di chiudere un ciclo perché senti che sta arrivando qualcosa di nuovo? Per quanto sia stato bello o doloroso, è ora di lasciarlo andare e dare il benvenuto a tutto il nuovo che vedi approssimarsi. Cose, persone, affetti… anche se la voglia di guardare da un’altra parte per la paura è tanta. Ogni volta in cui mi ritrovo qualcosa ormai alle spalle, non do mai a questa il giusto peso. Non mi do il giusto peso. Non do la giusta rilevanza al coraggio e alla determinazione che mi ci sono voluti per attraversarlo e superarlo. Invece questa volta l’ho fatto e mi ha destabilizzata.

È stato tutto tremendamente difficile e doloroso. Ma anche pieno di amore, scoperte e risposte. Non lo potevo liquidare con un semplice:

Uh quello? Niente di che.

Andava celebrato.

Per la suddetta tendenza a vivisezionare la tana del Bianconiglio però, sono venute fuori anche un sacco di robe vecchie. Ancora una volta quelle voci antiche di quando mi ritrovavo davanti a qualcosa che mi metteva alla prova, ma che premiava giustamente il mio impegno, volontà e (diciamolo una volta tanto), bravura, arrivavano a dirmi quanto non lo meritassi o non ne fossi in grado.

Sono tornati meccanismi di evitamento ancora più vecchi che credevo morti e sepolti e infine è semplicemente diventato insostenibile contenere tutto.

È stato uno sforzo sovrumano rimettersi in moto, alla prima spunta sulla mia lista ho festeggiato, alla seconda ho detto:

Forse è passata

Certo mi piacerebbe poter dedicare ai vari compiti un po’ di tempo ogni giorno. Invidio ardentemente chi ci riesce. Chi riesce a scandire le sue giornate dedicando tot ore a questa e tot a quell’altra attività. Ci provo a mettere dei timer, ma mi ci vuole almeno un’ora soltanto per entrare in uno stato di concentrazione appena decente. Imbroccata quella giusta poi, è come se il tempo smettesse di esistere. Non c’è caldo, rumore, sete, pipì, fame, sonno, stanchezza…

Ho iniziato e DEVO finire!

Il treno è partito e non si può fermare. Riemergo da quello che è molto simile ad uno stato meditativo profondo, solo quando ho finito se non tutto, almeno quello che mi sono prefissata di ultimare.

Completamente disidratata, affamata, trattenendo a stento la pipì, per niente stressata, ma soddisfatta:

ho messo un’altra spunta.

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Scritto da Tiziana - Agosto 4, 2022 - 1772 Views

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