Corri, Tiziana, corri!
Non ho la risposta pronta, ho bisogno sempre di un po’ di tempo per radunare le idee e organizzarla. E di solito arriva quando tutti gli altri hanno finito di parlare, sono andati a casa, mentre ancora io tento di afferrare i pensieri.

È come avere una miriade di scoiattoli impazziti e strafatti di caffeina al posto dei neuroni.
Non faccio mai in tempo a metterli ben in ordine per poter esprimere quello che vorrei, che si sparpagliano nuovamente e più di prima. Sono io a dover dare una struttura a questo guazzabuglio, per rendermi comprensibile al resto del mondo. Se sto in forma, no problem. Riesco, con qualche inceppamento, ma riesco. Se sono stanca, l’ambiente è incasinato, se l’ansia fa capolino perché il contesto o le persone mi agitano, è finita:
Appena poco fa ho detto: “prendi l’acqua nel forno”
La maggiorparte dei miei pensieri, sono costituiti da immagini, idee strampalate, meme, battute demenziali per le quali mi ritrovo frequentemente a ridere da sola. Concetti spesso talmente sfuggenti che è arduo trasporli in parole. Anche per via del rumore di fondo degli altri scoiattoli, intenti ad esaminare tante altre cose egualmente interessanti e tutte degne di considerazione.
Oh guarda una farfalla!
Dentro alla testa tutto corre, e pure il resto del mondo corre. Corrono tutti da che ne ho memoria, tanto da non darmi modo di adattarmi. Non ho il tempo di acclimatarmi ad una situazione nuova, che cambia tutto quanto ancora e mi ritrovo ad arrancare dietro agli eventi. Dietro a tutto e tutti. Sono spesso stanca infatti e i tempi di recupero vanno dilatandosi sempre più.
Ho difficoltà nella capacità di elaborazione. Ho bisogno di tempo per riflettere sui problemi, per imparare qualcosa, per eseguire dei compiti. A scuola era un casino. Le mie esperienze lavorative passate, sono state un disastro. Ero per tutti pigra, indolente, poco intelligente. Questo negli anni, si è tradotto in bullismo, mobbing, la gente mi trattava da stupida, parlandomi come si fa ad una bambina. Ciò ha contribuito a rendermi ancora più introversa. Questa difficoltà di espressione infatti, a volte mi rende difficile interfacciarmi con gli altri. È molto frustrante perché anche quando vorrei esprimere qualcosa, non riesco. Allora mi esprimo per metafore, ma questo non è sempre adatto a tutti i contesti.
È come se da qualche parte nella mia testa ci fosse un imbuto.
Dalla parte larga entrano tutte le immagini e i concetti che vorrei esprimere. E da quella stretta escono le parole. La maggior parte si perdono, e se va bene riesco ad esprimere il 10% di quello che vorrei. Mettere ordine in questo guazzabuglio, richiede tempo. Tempo che solo la scrittura mi permette di avere. Posso buttare tutto giù alla rinfusa e poi riordinare. Spostare i pezzi, incastrarli meglio, cancellare, rielaborare e riscrivere.
Sono lenta, spesso immobile, perché mi paralizzo. Ci sono momenti in cui tutto è troppo da gestire, e non so da che parte cominciare nel dire o nel fare qualsiasi cosa. Mi sembra di non andare da nessuna parte. Il che è tutta un’illusione perché è il mondo che si muove intorno. Come su un tapis roulant, basta solo muovere i piedi.
E a forza di muoverli per inerzia sti piedi, e rincorrere il mondo, ho iniziato a correre per davvero. Correre infatti è la mia forma preferita di stimming. Sono lenta di natura pure in questo. Ma alla mia velocità io corro e mi sento velocissima.

Questa è una piccola cosa sulla corsa, che ho scritto diversi anni fa:
Ho due sogni ricorrenti che mi fanno star bene.
Quello di volare. Bellissimo! Lo sogniamo tutti prima o poi.
Il secondo, quello di correre senza stancarmi mai.
Un sogno, solo un sogno. Ho sempre pensato non fosse per me. Una di quelle cose che dici, “quanto mi piacerebbe”, ma sei sicuro che non farai mai, che non ne saresti capace.
Mi fa star bene sognarlo, perché in quella frazione in cui perdi il contatto col terreno, è un po’ come volare.
E’ il volare di chi sta coi piedi in terra, il volare dei sognatori cauti. Il volare di chi ha paura, dell’ansioso.
E’ più accessibile, ma allo stesso tempo, inarrivabile.
Da bimba, quando facevamo le gare a chi arriva primo, partivamo e arrivavano tutti prima di me.
Tagliavo il traguardo, col fiatone, il pallore in viso e zero ossigeno.
Ma mentre gli altri arrivavano festanti in volata, bruciandosi, consumando tutte le forze, io potevo continuare.
C’è un momento, dopo la fatica, dopo lo scoraggiamento, un momento dopo il quale continui nonostante quel tuo sangue difettoso*. Polmoni e muscoli chiedono ossigeno, ma resisti e gli altri li lasci indietro.
E’ ancora un sogno, correre senza stancarsi mai. Perché la stanchezza è umana, perché la stanchezza vuol dire che sei vivo.
Un passo davanti all’altro però, puoi fare chilometri. All’inizio ti prende l’ansia, ti scoppiano i polmoni, ma stringi i denti e arrivi in fondo.
E quella frazione di secondo in cui “voli”, è bella come l’attimo in cui il tuo peso si scarica a terra per poi riprendere slancio e ripartire in avanti.
È elettricità, forza, paura e coraggio al tempo stesso.
È vita.
*”difettoso” è riferito ad una forma di anemia ereditaria.
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