La Giornata della Memoria… corta
I nazisti etichettavano col triangolo nero i cosiddetti “asociali” i “geneticamente inferiori”, i non conformi all’idea di “Gemut” ovvero la capacità personale di costruire dei legami, di integrarsi ed essere utili e produttivi per la società. Chi non si adattava o non poteva adattarsi, diveniva bersaglio della psichiatria.
Si tentava allora una rieducazione, per verificare se ci fossero i presupposti per il reinserimento in società. Se questo si rivelava impossibile, seguiva il trasferimento presso apposite strutture. Tra le quali lo Spiegelgrund: la clinica teatro di uno spietato programma di eutanasia infantile.
Tante persone, tra le quali molti bambini, vennero sottratte alle famiglie e condannate a morire perché considerate un peso per la società e le famiglie stesse. Le morti silenziate, fatte passare per polmoniti o altre complicazioni di tipo medico.
Oggi ricordiamo l’orrore perché non si ripeta mai più.
Ma ancora oggi troppe persone, hanno davanti a sé come unico orizzonte possibile solo l’istituzionalizzazione. In troppe strutture vengono “tenute buone”, imbottite di farmaci o diventano oggetto di maltrattamenti e atti disumani, che raccontati dai media scatenano l’indignazione per un giorno o due e poi tutto continua come se niente fosse.
Il valore delle persone viene giudicato ancora in base a quanto riescano o meno ad essere conformi, produttive e “utili”. Chi si discosta dalla norma erta a giudizio di valore, rimane tagliato fuori da tutto. E quello che in una società civile dovrebbe essere un diritto inalienabile di ognuno, diventa concessione e carità.
Ogni è la Giornata della Memoria… corta.
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