Resilienza e calzini spaiati
La cosa che odio più di tutte, è occuparmi del bucato. Piegarlo e riporlo nei cassetti in particolar modo, mi pesa più di tutto. Tanto che a questa particolare attività, ho dato un nome che penso esprima adeguatamente tutto il mio odio:
Sisifare
Da Sisifo. Il tizio che più ti porta il masso su per la montagna, più questo gli ricade giù a fondo valle e allora deve ricominciare da capo a portarlo su… in eterno. Anche la lotta col bucato, è una lotta eterna. E se sei madre di tre figli assume spesso, connotazione di punizione infernale da girone dantesco.

Non è consigliabile arrendersi alla montagna dei panni sporchi o ti travolgerà. Quindi si “sisifa” quotidianamente più o meno intensamente, sperando di mettere un freno all’entropia, ma questa si insinua subdola pure in mezzo al “sisifare”. Prendendo corpo e materializzandosi nel mucchio dei calzini spaiati.

Ad ogni bucato, speri di accoppiarli tutti e levarti di torno questa insolente pila di irriducibili, ad ogni lavatrice ne accoppi al massimo un paio. Se va bene.
Lasciando stare le fantasiose teorie scientifiche su dove cacchio vadano a finire e sul perché continuino a moltiplicarsi a ritmo esponenziale ad ogni bucato, quello su cui mi sono soffermata qualche giorno fa, è il perché.
Perché continuo a conservarli per mesi, nella speranza di accoppiarli tutti? E mi è venuta in mente una parola che da un po’ ho cominciato a mal sopportare:
Resilienza
Per resilienza, si intende la capacità di un materiale di assorbire un forte urto, senza rompersi tornando alle dimensioni/forma originarie dopo lo shock. Lo stesso termine viene usato in psicologia, per definire una persona che riesce ad affrontare efficacemente un evento traumatico, senza lasciarsene travolgere. Riorganizzando la propria vita in maniera positiva nonostante le contrarietà.

In pratica SISIFO!
La resilienza è l’arte di Sisifo, per questo mi sta sulle palle!
Nessuno ha detto a Sisifo di spostarsi un po’ più in la per non venire travolto dal masso? Lasciarlo cadere a valle, riposarsi per qualche decade, bersi un bicchiere d’acqua, mangiarsi un pacchetto di patatine guardando una serie su Netflix e poi quando ha ripreso le forze, riprendere il suo hobby preferito di trasloco massi? Perché non glielo ha detto nessuno?
Siccome non sono un metallo, pretendo di avere il diritto di rompermi in seguito ad un urto, anche solo di spizzicarmi un tantino sui bordi. Per poi rimettermi insieme con la colla pure in malo modo. Voglio uscirne trasformata dagli urti, in meglio e in peggio.
Si chiama crescere.
Perché la resilienza è una scusa bella e buona. Una scusa per la quale il mondo può farti di tutto, tanto tu rimarrai sempre li, in piedi, uguale a te stesso. Accetterai tutto senza protestare, secondo questa logica malata del superare tutto rimanendo inalterato. Come il giochino di Pollyanna, ci troverai pure il lato positivo. E andrai avanti felice, intero e performante così come tutti dobbiamo essere.

Lasciatemi essere nel mucchio dei calzini spaiati. Accasciata, delusa, rassegnata, depressa. Lasciatemi lamentare, piangermi addosso. Voglio proprio stare male. Fino al giorno in cui la sorte misericordiosa o un’altra forza (esterna o interna), arriverà ad appaiarmi, per poi spaiarmi di nuovo al prossimo bucato. Oppure fino a quando non mi deciderò a buttarli o a metterli tutti nei cassetti sti benedetti calzini. E ad indossarli tutti, indifferentemente dal colore, dalla fattura e dalla forma. E chi se ne frega!

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