Prevedibilità è salvezza! Autismo e Routine
Manuale di Sopravvivenza per Bradipi in Antartide

Prevedibilità è salvezza! Autismo e Routine

Qualche giorno fa, parlavo di routine e di quanto mi risultasse faticoso riprenderle dopo che erano state tutte quante disintegrate, prima a causa di una pandemia mondiale e dopo (come ogni anno), a causa dell’estate. Prima di staccare stavo proprio lavorando a questo post.

Preveggenza?

Forse, molto più probabilmente, sapevo che sarebbe successo quello che succede ogni anno. Ovvero che arranco fino ai primi di Dicembre e poi quando ho preso il ritmo e consolidato le routine, tutto se ne va a rotoli perché è arrivato quel periodo magico che è il Natale.

Vivere nel caos perpetuo non è facile né divertente e quando riesco a seguire i miei rituali, sto molto meglio. Sono meno stanca e anche di un umore migliore. Quindi anche se dopo un po’ finisco con l’annoiarmi di fare sempre le stesse cose nello stesso modo, non riesco ad uscire da certi binari. Quindi posso imboccare una strada a caso durante una passeggiata, ma non riesco a cambiare strada se sto andando al lavoro. Posso desiderare di dire SI ma dire sempre NO, se mi offrono qualcosa, provare a consultare il menù desiderando prendere una pietanza diversa una volta tanto, spulciare il catalogo di Netflix per ore… ma finire comunque tutte le volte per scegliere le stesse cose.

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Ho potuto constatare nel tempo, di avere una quantità di energie decisamente limitate. Quindi ho imparato a dosare, a prevedere tempi di recupero e attività che mi ricarichino. È stato arduo capire cosa mi stancasse. E negli anni, mi sono resa conto che assieme alla sfera sensoriale ed emotiva (i due ambiti sicuramente più drenanti per quanto mi riguarda), ci sono tutta una serie di gesti, azioni, decisioni, sulle quali in realtà mi soffermo più del necessario.

Qualche esempio:

Molto spesso durante le conversazioni, oltre ad ascoltare quello che sta dicendo il mio interlocutore, fingere di guardarl* negli occhi, pensare all’espressione che sto avendo in quell’esatto momento, a cosa potrebbe sembrare alla persona che ho davanti, al fatto che probabilmente se mi sento di avere un’espressione sul viso, non è sempre detto che la mia sensazione corrisponda al vero. Poi penso a quello che devo dire, a come devo dirlo, all’intonazione da usare, alle parole da non usare. Poi mentre penso a tutto questo, mi dimentico quello che volevo dire e faccio l’ennesima cazzata.

Se devo scendere le scale ad esempio, penso se devo farlo col piede destro o col sinistro. Perché l’ultima volta, stavo per fare un volo con quel tipo di suola che non riduce affatto l’attrito col cemento. Potrei farmi male e già il mio piede destro è dolorante e queste calze che ho messo oggi mi stringono troppo, hanno una trama troppo spessa…

Mannaggia a me quando le ho indossate stamattina.

Una cosa basica come sbattere le palpebre, mi innesca pensieri del tipo:

Le starò sbattendo troppo? O troppo in fretta? Oddio non è che sembra che stia facendo l’occhiolino?”

Ma quante energie vanno in fumo in una giornata?

Dovendo pensare anche alle cose più irrilevanti, e inconsapevoli, se ne bruciano davvero tante da ritrovarsi spesso spompati.

Questo potrebbe spiegare il perché ci si ritrovi a fare le stesse cose, nello stesso identico modo, con gli stessi identici gesti. Mangiando sempre le stesse cose, ancora e ancora. Ascoltando la stessa canzone per giorni senza sosta. Leggendo lo stesso libro o guardando lo stesso film del quale finisci per conoscere tutte le battute a memoria…

Le routine, alleviano il costante bisogno di analisi, raccolta e archiviazione di dati. Tutto quello che è familiare, non ha bisogno di analisi, lo conosco già. La familiarità allora, finisce per diventare un rifugio.

Prevedibilità è salvezza.

Sottoposti a imprevisti continui, siamo costretti ad uscire da un territorio già rodato e questo significa mettere in campo nuove energie non preventivate e che molto spesso non hai.

Col tempo mi sono costruita una sorta di diagramma di flusso per tutto. Per la strada che dovevo fare per recarmi al lavoro, per la colazione, le mansioni quotidiane… Sostanzialmente ho creato un enorme diagramma della mia vita.

Con dei punti cardine che reggono tutto e che sono vitali e vanno difesi strenuamente. E stabilendo un ordine di priorità delle cose da fare.

Se qualcosa in questo ordine prefissato finisce col saltare, rimani un po’ smarrito se sono cose di poco conto, altrimenti sei contrariato se non proprio incazzato quando saltano routine intere. La cosa più brutta è quando a saltare via è proprio uno di quei punti da difendere strenuamente. Lì rischi di rimanere annichilito per un bel po’. Perdi il senso dell’orientamento e non sai più come rimettere in piedi quel diagramma tanto faticosamente costruito e che ti funzionava così bene.

Per spiegare la sensazione che potrebbe seguire ad un semplice cambio di programma, vorrei fare un paragone. Avete presente quando le formiche camminano in colonna? Hanno il loro percorso ben segnato da seguire. Se qualcosa, che so un sassolino, finisce per cadere in mezzo alla fila e il cammino si interrompe, le vedrete tutte senza più punti di riferimento. La fila si scompagina, le formiche di sparpagliano.

Nastro di Moebius

È la confusione più assoluta.

Ci vuole sempre un po’ perché il caos si diradi e tutte insieme in qualche modo trovino una strada alternativa. Costa estrema fatica rimettere ordine ed è un brulicare di possibilità tutte ancora da verificare e testare. Ognuna delle quali potrebbe essere altrettanto valida, o portare nel baratro e causare ulteriore destabilizzazione e a catena reazioni emotive del tipo:

Sei una buona a nulla! Cazzo le sbagli tutte!

(questa potrebbe essere una delle mie reazioni tipo)

Detto ciò, si può ben comprendere che quando trovi qualcosa che è assodato funzionare allora, ne hai imbroccata una giusta e chi la lascia più!

Se in mezzo al caos trovi una sorta di regola ben verificata, hai trovato l’antidoto per l’ansia. Il modo, per affrontare una realtà caotica composta da una massa di persone, suoni, luci, situazioni, comportamenti, parole… Un casino immane che atterrisce. Trovare un proprio ordine, dà una logica dove questa non c’è proprio.

Le routine, sono un aiuto per l’incasinatezza delle funzioni esecutive. Danno struttura alla mia vita, mi forniscono una direzione da seguire.

Spesso, soprattutto da piccoli, ci si aggrappa con le unghie e i denti. Rimuoverle, non aiuta a diventare più flessibili (come qualcuno potrebbe pensare). Aiutare a ridurre l’ansia e lo stress, potrebbe essere farlo invece.

Come?

  • Provando a fornire alternative, prevedendo possibili deviazioni di percorso, in modo da prepararsi per tempo;
  • Fornendo rassicurazione e supporto nell’affrontare cambiamenti e imprevedibilità che fanno parte della vita;
  • Non reprimendo lo stimming che aiuta a distrarsi dalla sensazione di panico e sopraffazione;
  • Evitando di sminuire o considerare tutto un’esagerazione o un capriccio. Ma provando a capire, a convalidare come questo fa sentire. Dimostrando comprensione, partecipazione e vicinanza.

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Scritto da Tiziana - Settembre 11, 2020 - 5222 Views

2 Commenti

  • Osiris Novembre 9, 2021 a 5:55 pm

    Seguo il sito da tempo perché mi ritrovo moltissimo in ciò che descrivi, quindi più che un’osservazione vorrei chiederti come fai a gestire i melt legati alla routine. Io non ci riesco. Oggi è saltata la mia routine ed io sono esploso: tutti i giorni alle 9,30 faccio Yoga per 45 minuti e poi 15 di meditazione. Questa mattina erano le 10,15 ed era saltato tutto per problemi esterni. E niente, non ho retto. Ora sono a pezzi, e non è facile rimettere insieme i pezzi. Mi sento in gabbia, mi sento in totale balia delle mie emozioni. Quando esplodo urlo, quell’urlo in cui senti ogni fibra del corpo che urla e che trema. Quello che ti toglie la voce e che ti fa spezzare i denti. Vado avanti ed indietro e urlo, esplodo, crollo. Ho 42 anni e non riuscire a controllarmi mi fa sentire un incapace, un inetto senza uno straccio di lavoro perché riesce solo a studiare e dipingere. Ho pensato di spostare quel punto della giornata, ma ormai ero troppo stanco, troppo arrabbiato, troppo. È troppo tempo che sono in sovraccarico ed ho troppi melt. Sono peggiorato. Ho 42 anni e peggioro. Ho 42 anni e non riesco a lavorare. Ho 42 anni e non posso neanche chiedere l’aggravamento perché non ho soldi per farlo. Ho 42 anni e non so vivere. E “basta guardare sempre la stessa serie”(perché?), “guarda che non succede niente se cambi X cosa” (perché la devo cambiare se ho trovato una cosa che mi piace?), “non devi per forza contare tutto” (si, devo, perché ho imparato a farlo da piccolo per non sbagliare e funziona), (…). E via dicendo. Inoltre sono trans e nessuno pensa che una transizione per un autistico ossessivo è un tantino difficile da gestire? Sono rigido, intollerante, troppo duro e diretto.
    Questo messaggio è pesante, non sono capace di capire quanto e quando devo parlare. Tra l’altro non ho sostegno in questo, io “esagero” e basta. Non posso parlarne perché “è solo una tua fissazione” o le persone si spazientiscono, ma se reagiscono così io sto peggio e reagisco peggio. È questo senso di colpa radicato dall’infanzia (pessima, avevo problemi enormi, ma essere autistico era una vergogna e si faceva finta di niente). Non tollero la contraddizione per cui riesco a portare avanti 12 corsi di formazione allo stesso tempo, ma non capisco delle cose banali come le emoticons. Io non sono una palla gialla e non riconosco le espressioni. E sì, avrei bisogno di aiuto, ma senza soldi non vado da nessuna parte… E perché se dico “non ho soldi” le persone pensano che ne ho pochi? Direi “ho pochi soldi”, non che non ne ho.
    Sono stanco di me stesso.
    Scusa il papiro.

    Risposta
    • Tiziana Novembre 16, 2021 a 9:00 am

      Ciao. Scusa se ci ho messo tanto a rispondere, è un periodo pieno e faccio fatica a fare tutto, quindi ho dovuto rallentare un pochino. In passato mi è capitato spesso di avere meltdown per routine saltate o per aspettative disattese e mi capita ancora. Anche se a 46 anni e con tre figli, dovrei essere abituata agli imprevisti, è ancora dura gestirli. Ci sono però periodi in cui vado subito in meltdown e altri che una routine saltata mi provoca solo irritazione, nervosismo e magari voglia di non fare nulla e basta, perché il mio “equilibrio perfetto” è stato turbato. Ho notato che i periodi più faticosi emotivamente sono stati in passato molto più densi di esplosioni e implosioni, sovraccarichi e crisi varie. Da quello che ho letto, attraversi un periodo duro da un po’. Una transizione è un cambiamento che ti rivoluziona dentro e fuori. So che non è paragonabile, ma il periodo delle gravidanze in cui il mio corpo cambiava impercettibilmente ogni giorno e poi in maniera sempre più evidente, i miei ormoni erano in subbuglio e mi cresceva una vita dentro che scalciava, reclamava cibo, si ingrandiva…, ha mandato completamente in palla il mio sistema interocettivo. Gli stimoli non sono solo quelli che stanno intorno a noi, ci sono quelli che ci rimanda il nostro corpo e in questo momento tu stai sperimentando tanti cambiamenti in questo senso. Inoltre la parte emotiva conta tantissimo. Mi è capitato di sperimentare periodi molto faticosi, ma in cui emotivamente stavo bene. Ho sopportato meglio anche gli stimoli sensoriali avversi. In periodi più provanti emotivamente invece, Le più piccole cose, mi mandavano completamente in crisi. Quando si protrae per tanto un periodo di questo genere, puoi sperimentare un burnout. Non so che tipo di sostegni hai in merito alla tua diagnosi, se hai una certificazione. Ma per il fatto di non riuscire a lavorare, forse avresti bisogno di un sostegno anche di tipo economico. Hai fatto richiesta di 104? Non sono tanti i soldi che passa lo stato (circa 300€), ma meglio di nulla. Inoltre l’iscrizione alle categorie protette, potrebbe facilitarti nella ricerca di un lavoro e avere delle tutele da far valere, può essere fondamentale visto che degli ambienti pienamente inclusivi, sono ancora una chimera in alcuni casi

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