Voi non potete parlare per tutti
Nessuno può parlare per tutti o credere di poterlo fare, sarebbe un atto di grande presunzione. Ognuno vive nei suoi panni, io so unicamente come si vive nei panni di Tiziana e quale sia la mia esperienza di autismo. Altri avranno la loro di esperienza che sarà simile o completamente differente dalla mia. Si arriva ad una rappresentazione il più verosimile possibile, se tutte le voci in campo sono coinvolte, ognuna riportando il suo spaccato di realtà. Senza che nessuna, pensi o tenti di sovrastare le altre o di credersi più importante.
Sono tutte indispensabili.
La voce dei genitori lo è, perché conoscono meglio di tutti i loro figli e una volta acquisita una certa consapevolezza, possono capirne e interpretarne comportamenti e bisogni. Ugualmente importante è la voce dei clinici. Tanto più quella di coloro i quali si stanno muovendo verso una prospettiva diversa, più nuova e proficua per tutti in termini di qualità della vita. Nelle somiglianze fra racconti, si ritrova sé stessi e si può forse dar voce a chi non può descrivere personalmente la sua esperienza.
Nessuno vuole parlare per tutti, né tantomeno zittire nessuno, ma questa frase: “voi non potete parlare per tutti” suona un po’ come: “voi non potete parlare affatto”.
Ma se io non posso parlare per tutti gli autistici, perché persone a sviluppo tipico dovrebbero o potrebbero farlo meglio? In effetti è quello che succede oggi. In Italia al momento, c’è una sola associazione fondata e gestita da autistici (Neuropeculiar). Le associazioni di settore, non hanno autistici nel direttivo o almeno non mi risulta. Ai tavoli che contano vengono chiamate queste ultime associazioni, mica gli autistici accusati di voler parlare per tutti. Quindi, mi sa un po’ di controsenso.
Scusatemi tanto, ma per quanto mi riguarda, questa frase è l’equivalente di: “Ho tanti amici gay” o di “Non sono razzista ma”. È urticante a livelli inarrivabili, perché presume che si voglia zittire qualcuno, quando da sempre si viene zittiti, o la norma è non essere affatto considerati.
Ad alcuni viene negato il diritto di parlare, perché “non soffrirebbero abbastanza“. Mettendo in campo un metro del dolore, in grado di giudicare il vissuto altrui in base a quanto si appaia più o meno normali dall’esterno. Altre persone, sono impossibilitate a raccontarsi a causa di alcune loro caratteristiche funzionali.
Mi chiedo quindi, ma chi è che può parlare di autismo allora?
A pochi giorni dalla giornata dell’orgoglio autistico, dire queste cose diventa ancora più importante. Perché è proprio il senso di questa giornata, decisa dagli autistici per gli autistici e in cui, a differenza del 2 aprile, non si parla di autismo secondo retoriche e simboli imposti da altri. Essere orgogliosi di essere autistici, ha molto a che fare col diritto di poter parlare di autismo. Di essere ascoltati nelle sedi in cui se ne parla, e in cui si decide cosa è l’autismo e come sia o non sia legittimo definirlo.
Qualcuno potrà obiettare che dovrebbero essere i manuali diagnostici a definire cosa sia l’autismo. Bene, i manuali definiscono i criteri diagnostici, ma sono le persone a decidere come vivere la propria condizione, quali simboli utilizzare, come definirsi. Autorappresentanza vuol dire proprio che le persone possono parlare per se stesse e per altri, in modo da essere ascoltate e capite dal proprio prossimo, e in tutte le sedi in cui si prendono decisioni in nome e per loro conto. Un diritto che tutti hanno al mondo in maniera per lo più inconsapevole. In effetti è molto più evidente quando non ce l’hai o quando te lo ricordano di continuo che non ce l’hai, un po’ come tutti i privilegi.
Non so se qualcuno ha notato che il Bradipo da un po’ ha perso la bocca. L’ha persa quando in troppi hanno cominciato a scrivergli frasi come queste:
Eh tutto bellissimo, ma voi non potete parlare per tutti.
oppure:
L’autismo vero è un’altra cosa.
L’ha persa, perché ha perso la voglia di rispondere a frasi come queste ad un certo punto. Ed in effetti, non penso sia nemmeno costruttivo farlo con alcune persone, completamente identificate con il proprio dolore. Ma la voce è importante, che venga esercitata al meglio lo è altrettanto. Quindi dalle prossime vignette, il Bradipo riavrà la sua bocca.
Ti è piaciuto il post? Vuoi rimanere sempre aggiornato? Iscriviti alla Newsletter o lascia un like alla mia pagina Facebook. Siamo anche su YouTube, Instagram e Twitter
Nessun Commento