2a Parte Intervento Master Autismo UNIPA – Le domande.
Manuale di Sopravvivenza per Bradipi in Antartide

2a Parte Intervento Master Autismo UNIPA – Le domande.

La seconda parte dell’intervento al Master Autismo organizzato da UniPa, nel 2018. Le domande poste dai partecipanti.

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Ecco la seconda parte dell’intervento al Master Autismo organizzato dall’Univesità di Palermo, nel 2018. Durante il video, i partecipanti al Master pongono alcune domande su vari argomenti: socialità, empatia, funzioni esecutive e organizzazione, comunicazione non verbale, rapporto con la solitudine, infanzia, maternità, umore, routine e tanto altro.

Il video risale a due anni fa, alcune cose sono cambiate, io sono molto cambiata. Su tante cose le vedo in maniera differente, si cresce (si invecchia nel mio caso), si cambia. Ma la sostanza è quella e penso possa essere utile a chi cerca risposte per capire qualcuno che ama o sé stesso. Sotto trovate la trascrizione dell’intero video per chi lo preferisse. Mi scuso per i rumori di fondo e per il rimbombo che in fase di montaggio ho provato ad eliminare con scarsi risultati purtroppo (non avevo un microfono mentre registravo). Per questo penso che la trascrizione possa essere ancora più utile (oltre che per risparmiarvi tutti i miei “ehm cioè” :D)

A questo link (per chi non l’avesse già vista), trovate la prima parte dell’intervento con relativa trascrizione: Clicca qui

Buona visione 🙂

(Perdonate gli eventuali errori nella trascrizione. L’ho controllata, ma è lunga e potrebbe essermi scappato qualcosa.)

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Trascrizione

Dott.ssa Faggioli: È un po’ colpa mia se si dice “persone con autismo”. Ma era fatto con l’intento di mettere al centro le persone. Visto che si tende sempre a pensare che siano tutte uguali. I termini sono sempre una questione storica, l’importante è che la persona di senta rispettata. Ho chiesto ai miei ragazzi cosa preferissero. Uno mi ha detto che: “sono sinonimi” un altro che non capiva la differenza. Forse stiamo educando delle generazioni di ragazzini che cambieranno le cose. Resta però che il termine neurotipico

Tiziana: è brutto questo termine “neurotipico”

Dott.ssa Faggioli: Eh ma lo hanno inventato gli autistici.

Risate

Tiziana: Si è una cosa che odio, alcune volte c’è una tendenza strana all’aspienazismo e nel gruppo (Aspironia, il gruppo che ho co-fondato e che ho amministrato fino al marzo del 2019) dobbiamo contenerla cercando di mantenere un equilibrio tra due estremi.

Dott.ssa Faggioli: Il concetto secondo me, è quello che non si dovrebbe sempre dare per scontato di capire tutto .

Domanda: Circa il tuo desiderio di ritornare a lavorare cosa è che temi di più. Perché se tu fossi una mia collega io riuscirei tranquillamente a socializzare, a stare con te.

Tiziana: Socializzare non è un problema. Il problema è il contorno, il non detto. Riesco a capire quando c’è qualcosa che non va dall’espressione ma non capisco cosa. Se è dovuto a me o se la persona sta male per i fatti suoi. Sono a disagio per questo. Dove lavoravo prima era un ambiente particolare, estremo quando arrivavo sentivo un muro di ansia. La mia paura è quella di non riuscire a fare le cose. Interpretavo le cose in maniera letterale e mi prendevano per stupida. Ad esempio, nei primi giorni mi chiesero: “sistema queste carpette” io le sistemai con lo scotch. Invece volevano che sostituissi quelle rovinate e le rimettessi negli scaffali. Oppure un’altra volta mi chiesero: “mi passi i ddt?” e io gli andai a prendere l’insetticida (che a Palermo ci ostiniamo ancora a chiamare ddt). Invece volevano dei documenti di trasporto.

Risate

Tiziana: Queste piccole cose mi facevano apparire come una stupida cosa che non è vera. Forse è la mia brutta esperienza che mi porta ad avere paura

Domanda: Avresti voluto saperlo da piccola. Quale era la tua percezione di te da piccola

Tiziana: Mi ricordo di me come una testa pensante, un’entità non una bambina. Fin da piccola percepivo questa distanza.

Dott.ssa Faggioli: La collega (la psichiatra della quale parlo nella prima parte dell’intervento), mi ha detto che non avrebbe mai pensato che lei fosse autistica per davvero. Non penso che sentendo parlare Tiziana vediate l’autismo (rispondono di no). Quando incontri una persona come lei credi a quello che dice.

Tiziana: Tanti non ci credono invece.

Dott.ssa Faggioli: Uno potrebbe chiedersi perché tiene gli occhiali scuri in una stanza al chiuso. Si potrebbe ipotizzare il fastidio ma anche maleducazione.

Tiziana: Non c’è conoscenza purtroppo.

Dott.ssa Faggioli: Una cosa di cui ci dovremmo occupare… altre mamme al barcamp raccontavano la loro esperienza di mamma e dicevano che sentono più vicino il loro figlio autistico che agli nt.

Tiziana: Intanto dovrei prima capire chi è autistico dei tre (al momento solo uno ha diagnosi, la terza ha diagnosi ufficiosa, il secondo deve iniziare valutazione). Con Dorian ci siamo sempre capiti al volo. Riconosco dei tratti negli altri forse. Devo dire che io mi sono sempre trovata bene un po’ con tutti. Proprio perché non capivo le cose, cercare di capire “perché le persone fanno così” è diventata un’ossessione. Adesso non lo so, sono piccoli forse in adolescenza si potrà vedere qualcosa di diverso.

Dott.ssa Faggioli: Mamme frigorifero ne parlavano al barcamp. Tu cosa intendi con questo. Non penso che nessuno senta una mancanza. Per mamme frigorifero si intende quelle mamme che non sono sentimentalmente coinvolte e che pongono una distanza che è dannosa per il bambino. Una mamma che non sente e non si occupa dei suoi bisogni.

Tiziana: Io scherzo naturalmente, per la festa della mamma ho fatto gli auguri a tute le mamme frigorifero. Uso questo termine in maniera scherzosa per intendere un modo di essere mamma che sdrammatizza alcune cose. Ad esempio (cosa che ho imparato da mia mamma) “ahh mamma mi fa male il braccio” … “non ti preoccupare ti sta cadendo il braccio o tra due giorni muori tranquillo”. E si sdrammatizza ahahah. Oppure il fatto che quando sono in sovraccarico, loro hanno sempre la tendenza ad essere abbracciosi e io invece no. Quindi li abbraccio si, ma rispetto a loro molto meno. Ogni tanto ho proprio la necessità fisica di dire che non ce la faccio ad essere toccata. “La mamma si sente stanca” e devo allontanarli dicendo di andare a giocare o nei momenti più duri in cui devono proprio lasciarmi sola e basta “in questo momento non è il caso”. Soprattutto quando c’è caldo e loro sono mooolto molto abbracciosi e io quando fa caldo non ce la faccio.

Domanda: Cosa provi quando dici sovraccarico sensoriale. Cosa senti oltre alla derealizzazione

Tiziana: La derealizzazione arriva dopo, prima c’è il coinvolgimento di tutti i sensi. Ieri sera c’erano i grilli fuori dalla finestra ero stanca e non li sopportavo, ho dovuto mettermi un cuscino sulle orecchie. E poi la luce rossastra della radio sveglia… anche con gli occhi chiusi mi sentivo accecare. Altro cuscino sulla faccia. Stessa cosa per il tocco non sopporto il tocco leggero. Quando sono stanca soprattutto (infatti adesso so che per due giorni mi devo riposare). Con lo stress emotivo si enfatizza tutto e se esagero la pago. Sono arrivata a vedere il rumore delle gocce di pioggia sul vetro. Il rumore era un flash di luce, una specie di sinestesia non so cosa fosse. Mi sono dovuta fermare. In questi casi mi devo mettere al buio e in silenzio con tutto (cuscini) schiacciato sulla faccia e magari qualcosa addosso una specie di contenimento.

Dott.ssa Faggioli: Come Temple Grandin con la macchina degli abbracci.

Tiziana: Ci sarebbe bisogno di una macchina a privazione sensoriale

Dott.ssa Faggioli: Non diciamolo che la usano anche per fare le torture

Risate

Tiziana: La usano per fare i viaggi astrali (mode guru on)

Dott.ssa Faggioli: Ah si?

Domanda: Questo ti capitava anche da bambina?

Tiziana: Da bimba un po’ di meno o forse riuscivo a gestire meglio. In adolescenza quando hanno cominciato ad arrivare anche altri stimoli emotivi, forse ormonali e poi dopo con la maternità è aumentato tantissimo. Probabilmente anche lì un cambio ormonale o forse la confusione dei bambini piccoli… il fatto che non dormi la notte. Boh

Dott.ssa Faggioli: Ho appena sentito una signora che mi ha detto la stessa cosa.

Tiziana: Col primo ho avuto un grande cambiamento dopo la terza ancora di più. Sicuramente i pensieri aumentano con l’età adulta, poi la confusione, non ti fanno dormire la notte. Però anche dopo quando sono cresciuti, è continuato. Secondo me un cambio c’è andrebbe indagato. Da piccolina forse si, ma tante cose non le ricordo. Ogni tanto mi vengono dei flash all’improvviso “Ah facevo questa cosa!” L’altro giorno mi sono ricordata che giravo…

Dott.ssa Faggioli: Io ho un video che mi ha mandato di lei che corre e uno che va in bicicletta. Vai giù avanti e indietro sulla riga della piastrella.

Tiziana: Si ho fatto fatica ad andare in bicicletta. Mi ricordo che giravo su me stessa di continuo, mi piaceva la sensazione di smarrimento.

Pubblico: Il sistema vestibolare…

Tiziana: Poi ho letto che è imputabile ad una iposensorialità. Sono dei piccoli flash che mi vengono ogni tanto. Ricordo più le cose emotive di quando ero piccola. Meno le cose sensoriali.

Pubbico: Forse perché per te era la normalità

Tiziana: Si forse per questo. Tante cose le vedo ora anche grazie a mio figlio non so.

Pubblico: Ti volevo ringraziare per la testimonianza. In quanto lavorandoci ci rendiamo conto di come a volte capire le difficoltà è difficile pure per noi. Mi stai lasciando il pensiero di fare un passo indietro rispetto ad alcune cose. Forse stiamo forzando la mano e non so quanto può diventare dannoso.

Tiziana: C’è da dire che io sto parlando per Tiziana. Perché siamo tutti diversi c’è l’ipesensoriale, l’iperlogico, il fantasioso. Siamo uno spettro.

Dott.ssa Faggioli: I bambini difficilissimamente hanno un’idea perché pensano che sentano quello che sentono tutti, non hanno l’idea che per gli altri sia diverso. E poi magari un bimbo non sa neanche esprimerlo. Non tutte le persone autistiche hanno questi problemi così importanti. Tiziana sicuramente li ha particolarmente forti. Il problema sensoriale se una persona te lo spiega non puoi fare altro che capire e credere. Credo che la cosa più difficile da capire sia dove Tiziana abbia difficoltà rispetto alla comprensione del non verbale e del pensiero più concreto. Gli errori di interpretazione che ha raccontato prima, sono errori che capisco e capisco perché abbia potuto farli, ma la maggiorparte delle persone pensa che sia stupida. Uno che non sa non si può capacitare. Questo è uno dei motivi per cui è importante fare una valutazione del Q.I. perché molte persone autistiche ad alto funzionamento come Tiziana, in realtà tu non sai che lo sono. Gli insegnanti ti dicono che è molto bravo però… Spero che succeda meno con i ragazzini perché sapendolo possiamo dargli la possibilità di mettere a frutto la propria intelligenza. Che invece se non lo sai la metti in dubbio. Che è la scommessa di Specialisterne, son venuti anche al barcamp e quello che loro fanno è questo cercare di capire la potenzialità reale della persona.

Tiziana: Per quanto riguarda i rapporti sociali. A lungo andare questo non capire a me ad esempio, porta ad avere un’ansia costante su quello che pensano gli altri, come mi vedono gli altri, se sto facendo bene se sto facendo male. La notte non dormo pensando “ho detto questa cosa mannaggia… poi quello ha fatto quell’espressione” e mi rivedo quell’espressione cercando di capire cosa volesse dire “cosa ho sbagliato, perché ho sbagliato! Voglio tornare indietro nel tempo…perché!” questo per tutto. Se incontri il vicino e magari hai detto qualcosa ti ridici “cavolo perché ho detto così” oppure accompagno i bambini e sto in disparte perché la confusione mi fa stare male non riesco a parlare e allora penso “ecco stanno vedendo che sto in disparte staranno dicendo qualcosa” poi diventi pure un po’ paranoico. Non so se si chiama ansia sociale però è sfibrante.

Dott.ssa Faggioli: Questa sensazione è quella che Baron Cohen ha chiamato cecità mentale. Che poi persone come Tiziana possono ovviare a questa cosa, ragionandoci. Più stai con persone più capisci. Per questo è importante per i bambini: stare con le persone. Perché più stai con le persone, più le capisci. È un processo in cui le persone non autistiche fanno meno fatica delle persone autistiche, però è la conoscenza che aiuta. Penso che ci sia una grande differenza tra quello che capisci delle persone che ti sono vicine, rispetto alle persone estranee. Riesci meglio ad interpretare il non detto.

Tiziana: Anche perché posso chiedere alle persone che conosco

Dott.ssa Faggioli: Si c’è anche questo aspetto che uno può chiedere perché. C’è anche l’aspetto della conoscenza. Tutti noi capiamo mediamente meglio le persone con cui abbiamo un legame forte e mediamente meno le persone con cui abbiamo legami più deboli. Ci sta. Però questa dimensione di ansia è qualcosa che devi tenere in conto in una dimensione di inserimento lavorativo. Perché Tiziana non ha una difficoltà pratica, ma la fatica sociale è un elemento che può distruggere tutto.

Tiziana: Si, è proprio faticoso.

Dott.ssa Faggioli: Spesso si dice che le persone a basso funzionamento siano dei bravissimi esecutori ma anche loro cedono sul sociale. Quella dimensione lì, può dare difficoltà. Devi avere qualcuno a disposizione che te la spiega. Il fatto che lei adesso possa chiedere alle persone a cui vuole bene cosa pensano  questa facilitazione può essere determinante sul lavoro come nella vita privata. Lo è anche a scuola. Un po’ di facilitazione ci vuole e poi man mano che crescono imparano.

Tiziana: Un ragazzino quando esce da scuola è stanco non solo per l’aspetto sensoriale ma anche per tutto questo. Perché è un continuo chiedersi e il cervello che non si ferma mai. Di continuo di continuo.

Dott.ssa Faggioli: Un bambino mi dice “quest’anno la scuola è difficilissima” ma il problema non è didattico ma in 3° elementare adesso fa molta più fatica nelle interazioni coi compagni che nella didattica.  E perché è l’età in cui si cominciano a percepire di più i non detti. L’ultima tappa dello sviluppo che è quella faticosissima e che spesso non arriva a compimento. Cosa ti ricordi del gioco di far finta. Ne abbiamo parlato con tua mamma. Giocare con le bambole…

Tiziana: Con le bambole non giocavo. Cioè ci giocavo e facevo finta di essere il dottore le prendevo e le curavo. Prendevo le pentole e facevo il laboratorio per le medicine e poi facevo le conferenze da sola. Dicevo “qui c’è il canale dello starnuto, se si incontra con quello della tosse allora si può morire” mi ricordo questo. Giocavo così però da sola

Domanda: Ma sentivi il bisogno di giocare con gli altri?

Tiziana: Si però tendevo ad essere un po’ quella che indirizzava il gioco me ne rendo conto adesso. Avevo un sacco di idee, gli altri a volte mi seguivano altre volevano fare cose più tradizionali. Certe volte ero forse troppo invadente, cosa di cui mi rendo conto adesso. Ma bene o male riuscivo. Dipende da chi, perché c’era sempre chi era più prepotente e cercava di schiacciarmi e io allora mi allontanavo. Però si, anche adesso sono una compagnona, mi piace ridere, faccio le battute (dipende sempre con chi). Ci sono persone che mi mettono ansia e non riesco a interfacciarmi

Dott.ssa Faggioli: Certo che per portarsi l’alieno così in giro… al barcamp ho pensato solo Tiziana…

Domanda: Cosa ti mette più ansia?

Tiziana: Ci devo pensare. C’è l’imbarazzo della scelta. Non lo so. Sono tante, e in questo momento sono troppe cose. È un momento in cui ho l’ansia che si taglia col coltello

Domanda: Momento oggi o…

Tiziana: No, in generale questo periodo. Ne ho molta di ansia. Ho anche difficoltà a capire perché certe volte. Una cosa che ho scoperto si chiama alessitimia per cui non capisci perché ti senti in un certo modo. È una cosa generalizzata.

Domanda: Nella tua quotidianità l’imprevisto riesci a gestirlo? È stressante, destabilizzante?

Tiziana: Mi fa innervosire stessa cosa per mio figlio. Se dobbiamo uscire, dobbiamo dirglielo prima. Anche se certe volte facciamo delle improvvisate, perché è giusto pure un pochino che si sviluppi l’elasticità per queste cose perché anche l’imprevisto ti può donare qualcosa. Ti perdi delle cose senza. Però stressa perché hai tutto il tuo programma mentale con tutto quello che devi fare e se c’è quella cosa che va fuori… io mi innervosisco divento nevrotica e quelli che sono accanto a me se ne accorgono e non mi sopportano.

Dott.ssa Faggioli: Questo è interessante…ne fai tante di mappe mentali? È un sistema di pensiero?

Tiziana: Si… che so, il banalissimo fare le pulizie quando c’è il delirio dopo un’influenza… che si è bloccato tutto (lavori, lavatrici…), e non so da che parte cominciare. Il metodo è quello di fare uno schema nella testa, tipo diagramma di flusso “faccio questo, poi questo” e poi spunto man mano che faccio.

Domanda: Hai difficoltà a gestire il tempo?

Tiziana: Si! Quella cosa che ho scoperto che si chiama deficit delle funzioni esecutive. È una cosa rognosissima. Ho postato una vignetta con un disegno. La parte davanti iperealistica e quella dietro a stecchino. Ho difficoltà. Per me la giornata dovrebbe essere di 48 ore e non mi basterebbe, non riesco proprio a sentire lo scandire del tempo. Magari mi metto a leggere e passano 5 ore senza che io me ne renda conto. Vado in iperfocus.

Dott.ssa Faggioli: Quindi per gestire ti fai un diagramma mentale

Tiziana: Si. Ma devo avere la disposizione d’animo giusta per iniziare a fare quella cosa. Perché o la faccio perfetta o niente. Se c’è qualcosa che mi fa capire che quella cosa non la posso fare in maniera perfetta, non la faccio. Infatti quella montagna di vestiti, può rimanere sulla sedia per giorni perché prima c’è questa cosa, poi devo fare quest’altra cosa. E oggi non ce la faccio perché devo accompagnare tizio… e quindi non me la sento (risate). Quando c’è quella giornata in cui tutto va come dico io nella mia testa, allora una dopo l’altra faccio tutto, se no niente. Ci sono dei momenti di particolare stress in cui casa mia sembra Chernobil.

Domanda: Riesci anche a stare sul divano a non fare nulla?

Tiziana: Si si, è la mia specialità!

Risate

Tiziana: Ci sono dei momenti in cui sento il bisogno di anestetizzarmi… penso che sia dovuto al lavorio continuo della testa. E allora ci sono momenti in cui ho bisogno di vegetare. La cosa migliore per fare questo è Barbara d ‘Urso perché spegne i neuroni… modalità zombie

Pubblico: O la De Filippi

Tiziana: Quella non mi ispira non lo so perché. Barbara d’Urso è perfetta per l’appiattimento neurale

Pubblico: Anche beautiful

Tiziana: Si anche. Qualcosa che non ti faccia pensare. Quindi per me quello non è trash, è salva vita

risate

Pubblico: menomale che c’è

Domanda: circa la tua difficoltà a capire gli altri. Cosa ti risulta difficile? È più una cosa legata all’espressione e al contesto di una discussione? Cosa ti risulta più difficile da interpretare in una situazione?

Tiziana: Un po’ tutto. Il fatto che le persone possono dire una cosa e pensarne un’altra forse. Quando percepisco questo vado in crisi. Perché penso che con la bocca mi hanno detto una cosa e con gli occhi un’altra “ma che cosa?” e la mi faccio mille film mentali

Domanda: Come se non si sincronizzassero le informazioni?

Tiziana: Questo oppure non capire cosa ci sia dietro ad alcune cose. Cioè il percepire, ma fino ad un certo punto e quindi magari non capire una brutta intenzione. Percepire ma non capire. Pensare sempre di essere io che sto esagerando, sbagliando, interpretando male. Questa cosa mi fa stare male.

Dott.ssa Faggioli: Sul contatto visivo avverti fatica

Tiziana: Si

Dott.ssa Faggioli: In cosa fai fatica?

Tiziana: Intanto non so se sia “normale” ma non riesco a guardare entrambi gli occhi contemporaneamente e faccio da un occhio ad un altro e sembra di guardare una partita di tennis. Oppure guardo al centro degli occhi e se qualcuno si avvicina troppo, e invade il mio spazio comincio a distogliere lo sguardo e a guardare di lato o per terra. Poi dipende, se è una persona che mi mette a mio agio riesco. Ma se c’è qualcuno che mi mette in difficoltà no (se è troppo vicina però faccio fatica anche con mi a madre). Se sono a disagio comincio sbattere le palpebre di continuo e mi rendo conto di fare fatica.

Dott.ssa Faggioli: Ma se guardi negli occhi l’altro, cosa provi?

Tiziana: Ho difficoltà a capire quello che mi sta dicendo. Quindi preferisco concentrarmi su quello che mi dice [come nel caso delle indicazioni stradali ad esempio che non le capisco mai], piuttosto che sugli occhi.

Dott.ssa Faggioli: Fa parte anche questo della comunicazione non verbale le persone a sviluppo tipico, comunicano anche con gli occhi

Tiziana: Io invece mi preoccupo, di quello che sto dicendo, di come lo sto dicendo, di quello che potrebbe sembrare e non riesco. Lo faccio per convenzione sociale, perché so che se non guardi negli occhi sei uno che nasconde qualcosa. In generale è visto così quindi mi forzo a farlo, non è una cosa naturale per me.

Dott.ssa Faggioli: Ma prima della diagnosi?

Tiziana: No, mi rendo conto adesso che quando la gente veniva troppo vicina io svicolavo e veniva preso come timidezza estrema

Dott.ssa Faggioli: I tuoi genitori anche?

Tiziana: Si pensavano che fosse timidezza estrema

Pubblico: Pensavo come paradossalmente mi sembrano aliene le persone che incontro ogni giorno, per esempio al lavoro perché vedo il modo in cui parli degli altri. Tu fai caso al tuo modo di dire le cose, e badi se lo stai dicendo bene o male. Magari nel mondo del lavoro invece vedi gente molto distante sia da quello che dici sia da quello che pensi. O essendo psicoterapeuta, incontro persone che hanno difficoltà a pensare a parti di sé o degli altri, quindi paradossalmente che sentire te che continuamente fai questo lavoro, mi sembrano che siano gli altri gli alieni, gli incapaci di pensare a sé e agli altri

Tiziana: Certe volte mi piacerebbe entrare nella testa degli altri anche soltanto per vedere come è avere quel tipo di sensorialità diversa dalla mia. Per capire come pensano gli altri. Mi toglierei un sacco di curiosità.

Pubblico: Molti sono distanti da questa curiosità, alcuni non ce l’hanno nemmeno

Tiziana: A me piace proprio capire le persone, quando qualcuno si comporta in un determinato modo penso “cosa ci sarà dietro?”

Pubblico: Io questa la vedo come specialità, come ricchezza

Tiziana: Penso che non potrei mai fare il vostro lavoro, andrei in tilt

Pubblico: Invece io penso di si

Tiziana: No perché assorbo troppo

Pubblico: Per questo, on perché non ne saresti capace

Tiziana: Spesso si dice che ci sia una mancanza di empatia negli autistici, invece no, almeno per quello che mi riguarda, nel mio caso, c’è un eccesso. Infatti ogni tanto dico “cavolo oggi devo rispondere male a qualcuno senza sentirmi in colpa. Se è stata stronza con me, io le rispondo male e non mi interessa se sta male o no”. Perché quando ci vuole ci vuole, però poi mi sento pure in colpa anche se quella persona è stata stronza in maniera esagerata, e si sente male perché tu le hai risposto male… è patologico!

Pubblico: Io questa la vedo come una specialità anche se poi come dici tu, a te fa male, perché è troppo

Tiziana: Certe volte si. E ho anche paura a prendere degli ausili chimici “chiamiamoli così”. Perché mi si spegne questa iperemotività e mi sento vuota, senza sentimenti. Si il cervello è sereno e tranquillo, rilassato però mi sento in difetto, una persona brutta, orribile

Pubblico: Ma se lei imparasse a guardare il vuoto degli altri?

Tiziana: Per me non c’è il vuoto negli altri. Secondo me se una persona si comporta in un certo modo c’è sempre un motivo dietro. Mia madre tra le tante cose che mi ha insegnato, mi ha insegnato questa cosa, di mettersi sempre nei panni degli altri. È diventato per me un meccanismo automatico che mi ha aiutata ma allo stesso tempo mi mette in difficoltà perché poi diventa troppo. Però tutte le volte che le raccontavo cosa era successo a scuola ad esempio o che qualcuno mi aveva fatto un torto, mi diceva: “ma perché ti ha risposto in questo modo? Ci hai pensato? Perché hanno fatto così” In ogni situazione allora penso sempre perché perché… Mi piace anche capirlo perché sono una a cui piace fare girare le rotelle e mi tengo compagnia anche. Però diventa pure sfinente, ogni tanto bisognerebbe anche dire “ma va a quel paese e basta” senza stare troppo a pensare cosa ci sta dietro.

Domanda: Il tuo rapporto con la solitudine?

Tiziana: Bello e brutto. La cerco perché mi ricarica, mi sento bene in compagnia di me stessa. Mentre prima mi venivano gli attacchi di panico, per altri problemi perché avevo paura di stare sola. Questo l’ho superato. Adesso quando sto sola mi faccio compagnia, faccio le cose che mi piacciono. Ho i miei libri, la mia musica, la grafica, le foto… però allo stesso tempo mi sento isolata dagli altri e certe volte penso che vorrei aprire (figurativamente il petto) agli altri, perché penso che tutto quello che c’è non esce o forse non sono capace  di farlo uscire. E mi piacerebbe rendere di più fare capire agli altri quello che provo o quello che c’è dentro di me o avvicinarmi di più. La mia sensazione perenne è quella di alienazione. Spesso quando cammino tra la gente ho questa forte sensazione di solitudine, di essere l’unica in un posto affollato.

Domanda: E dove è che invece ti trovi a casa?

Tiziana: Con le persone che amo che mi fanno stare bene. Mio marito i miei figli i miei amici.

Domanda: Quale è la cosa se c’è che vorresti cambiare di te?

Tiziana: Se cambi qualcosa cambia poi tutto il resto. Se cambi qualcosa di quello che è successo, cambia anche tutto quello che hai. Quindi i miei figli per quanto mi facciano disperare… quindi non me lo chiedo sinceramente. Ogni tanto in qualche momento di stanchezza o di sconforto ho detto “voglio essere normale” oppure “perché non sono normale?”. Perché ho tanti sbalzi di umore soprattutto in questo periodo. Vado dal contemplare le stelle “ah il creato, la natura” alla depressione nera.

Domanda: Come mai?

Tiziana: Forse è un periodo stancante, stressante

Domanda: È ricorrente?

Tiziana: Nella mia vita è sempre stato un po’ così in questo periodo un po’ di più. Arrivano gli estremi e poi momenti di equilibrio. Credo che succeda quando mi stanco troppo. Spero di non aggiungere altre diagnosi. Non voglio indagare.

Risate

Dott.ssa Faggioli: Qua siamo tutti psicologi ed educatori. Secondo te ci sono delle cose che chi lavora con gli autistici deve tenere presente?

Tiziana: Secondo me (sempre per il fatto che siamo tutti diversi, quindi per me può andare bene qualcosa e per un altro no), cercare forse di capire chi si ha davanti di rispettare le sensazioni della persona. Secondo me questo.

Domanda: Casa, dove abiti e come è organizzata casa tua?

Tiziana: È disorganizzata casa mia

Risate

Domanda: Abiti in un condominio?

Tiziana: Si abito in un condominio in un piccolo paesino. In città non riuscirei più a starci. Abitavo a Palermo ma adesso riesco a starci poco. Troppo traffico, troppa confusione, non ce la faccio. Stiamo in un condominio però è abbastanza tranquillo. Tranne per il fruttivendolo sotto casa e i vecchietti in fila alla posta che litigano, però tutto sommato… non è Palermo. L’organizzazione di casa è… disorganizzata, perché vado a periodi. Periodi in cui sono iperorganizzata in cui seguo le mie routine, che amo e odio perché mi annoiano… però se non le seguo va tutto a scatafascio. Quel periodo che riesco a seguirle va tutto come un orologio è tutto organizzato al millimetro e disinfettato. Se capita una febbre mia o dei bambini, un imprevisto… tutto se ne va alla malora e finisce l’organizzazione, non so più da che parte cominciare e ci vogliono giorni per riprendere il bandolo della matassa

Domanda: Quindi preferisci le routine?

Tiziana: Si, però è impossibile mantenerle le routine. Vedo che mi fanno bene sia dal punto di vista organizzativo che dell’umore, però è impossibile mantenerle con i bambini piccoli e con una vita normale in generale. Basta un piccolo imprevisto che mi si scombina tutto

Domanda: Cosa possiamo dire ai neurotipici per tentare di farli entrare nel vostro mondo e aiutarli a comprendervi e accettarvi, ad esempio per i problemi nel mondo del lavoro?

Tiziana: Io direi niente di particolare. Secondo me ci dobbiamo fare un po’ conoscere, metterci la faccia, farci conoscere. Perché l’unico modo per smontare gli stereotipi i luoghi comuni, la paura della diversità è farsi conoscere dire: “guarda sono qua, tu diresti che sono come te e invece ho queste particolarità il mio cervello funziona in un altro modo, però siamo tutti e due esseri umani”. Quindi non farei discorsi. Anche nel gruppo sono entrate diverse persone lontane dal mondo dell’autismo, solo per curiosità, attirate dall’umorismo e adesso conoscono molto di più rispetto a prima. La cosa che ci piace è quella di essere un ponte. Secondo me i discorsi annoiano, non servono. Forse si raggiunge di più la gente con una risata, con una battuta che con mille discorsi.

Dott.ssa Faggioli: Il vantaggio di avere diagnosticato persone con vari funzionamenti è questo. Nessun psicologo sano fa una diagnosi tanto per farla. Le diagnosi le chiediamo perché ci consentono di capire la persona e se ha bisogno di aiuto pensiamo come aiutarla. Persone come Tiziana se non avesse capito di essere autistica, tutta una serie di problemi che lei ha raccontato, come la derealizzazione, sarebbero stati inquadrati in un modo che sarebbe stato sbagliato e lei non si sarebbe sentita capita.

Tiziana: Infatti con quella famosa psichiatra ho pianto tutto il tempo perché non mi sono sentita capita, ma giudicata. Mi ha subito dato la boccettina (ce l’ho ancora nell’armadio), senza preoccuparsi di altro. Ci sono tante persone che hanno avuto diagnosi sbagliate, tante. Hanno subito tso, vite rovinate e questo non deve succedere più, quindi voi siete importanti, sappiatelo. Non deve succedere più.

Faggioli: Senza arrivare a questi limiti. Molti autistici raccontano di essere stati dai colleghi e raccontano di non essere stati capiti. I colleghi hanno minimizzato sintomi, o spiegato delle cose in cui la persona non si riconosce

Tiziana: Anche ragazzini. Gli hanno fatto perdere anni prima di arrivare ad una diagnosi

Faggioli: Io credo che tanti bambini ad alto funzionamento vengono ancora inquadrati come bambini con disturbi del comportamento, oppositivi provocatori. E questa dimensione qua non è soltanto un problema di errore diagnostico, è proprio che la persona non si sente capita. E se uno non si sente capito, non si sente amato (che sembra un po’ melenso e invece è importante). Mentre i genitori di Tiziana non avevano gli strumenti e nessun clinico avrebbe potuto dirgli “attento che è autistica” (ognuno fa quello che può con gli strumenti che ha), allo stesso tempo un professionista ha anche la responsabilità di fare una diagnosi, perché potrebbe essere autismo ma qualsiasi altra cosa. Sono considerata una che fa le diagnosi molto lentamente ma bisogna capire bene. Perché il rischio è appunto che una persona non si senta capita. Tante persone autistiche che conosco mi hanno detto che hanno avuto altre diagnosi. È vero che esistono persone che esagerano, persone inquadrabili in altre diagnosi. Esistono anche genitori che pensano di essere come i figli e poi non lo sono. Sono cose che succedono. La cosa che bisogna sapere fare è non attaccarsi a un’idea stereotipata, ma cercare di capire la persona che hai davanti. Nel caso di Tiziana la collega ha sbagliato, anche se la capisco perché ci sono delle volte che lo pensi. Ci sono persone che arrivano da me e non sono autistiche anche se pensano di esserlo. Il compito che ci spetta è quello di fermarci, ragionare e cercare di capire, perché la ricaduta è che quella persona non si sente capita.

Tiziana: Ci sono persone che hanno avuto diagnosi sbagliate ed episodi drammatici, che hanno due tre 4 diagnosi di autismo e ancora non sono sicure di essere autistiche. Talmente tanto è il danno che hanno subito. Io non so come si studi l’autismo alla facoltà di psicologia. Penso che dovrebbe esserci una specializzazione dedicata.

Dott.ssa Faggioli: Sicuramente è importante che uno abbia la casella. Una grande criticità è questa per gli adulti

Tiziana: Per le donne diventa ancora più difficile. Le donne sono una sorta di unicorno. Già l’adulto in generale, le donne ancora peggio. La donna si nasconde, è considerata timida. Ma ci sono anche delle donne autistiche piene di tatuaggi e con i capelli colorati ad esempio, diverse da come posso apparire io e con le quali mi trovo benissimo. Tu diresti che siamo diverse invece no. In alcune cose lo siamo, in altre siamo molto simili…

Dott.ssa Faggioli: Si dovrebbe sapere che tutte le persone autistiche sono autistiche ma ogni persona autistica è diversa dall’altra. La diversità non è una caratteristica dell’autismo, ma dell’essere umano.

Tiziana: La normalità è un concetto statistico, non esiste

Dott.ssa Faggioli: Non esiste, però è vero che possiamo vedere dei percorsi che consideriamo più lineari. Le persone autistiche sono diverse anche se possono avere qualcosa in comune

Tiziana: Invece vengono viste come se fossero tutte uguali. Se vai fuori da quei criteri allora non lo sei. Tu devi essere così punto, per definirti autistico, secondo questa visione.

Dott.ssa Faggioli: Se entrassero qui 10 persone down, noi vedremmo tutti 10 persone uguali e se lei le conoscesse tutte e dieci, vedrebbe 10 persone diverse. Se entrassero 10 persone autistiche, vedremmo 10 persone diverse e se io li conoscessi tutti, vedrei sempre 10 persone diverse, ma saprei cosa hanno in comune. Questo indipendentemente dal Q.I., dal linguaggio verbale ecc. Lo saprei ma non lo vedrei. Vedrei più facilmente che Tiziana parla bene e che un’altra persona invece non ha sviluppato il linguaggio verbale. Parlo con lei capisco che è intelligente, parlo con un’altra persona e capisco che ha una disabilità. Noi ci fermiamo purtroppo a questo aspetto invece nell’autismo dobbiamo fare il salto contrario… Va bene due ore ti abbiamo tenuta. Vorresti aggiungere altro

Tiziana: No vi ringrazio per avermi ascoltata

Dott.ssa Faggioli: È un po’ quello che stiamo cercando di fare, in tante situazioni, perché non c’è modo migliore dell’avere una testimonianza diretta.

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Scritto da Tiziana - Maggio 3, 2020 - 2483 Views

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