Scrivo meglio di come parlo
Parlo poco e quando parlo mi inceppo. Ho spesso difficoltà a ricordare le parole, anche quelle più semplici. E non solo nei momenti di nebbia o di stanchezza.
Se devo affrontare un discorso con qualcuno, l’unica è immaginare giorni prima le cose che dovrò dire e come. Altrimenti ne viene quasi sempre fuori un disastro.
Da piccola, mi capitava di usare parole inconsuete per una bambina e il fatto che gli altri lo notassero, mi inibiva. Tanto che adesso, oltre alla difficoltà di non riuscire sempre a reperire un concetto in maniera immediata, cerco di sostituire alcune parole, con altre più semplici per “parlare come mangio”. Il risultato finale, è un’accozzaglia di “cioè” e slang siculo-tizianesco.

Scrivere, mi da il tempo di pensare bene a cosa voglio dire e a come dirlo. Quando mi sfugge qualcosa, c’è il tempo per afferrarla mentre scappa tra uno strato di nebbia e l’altro. Non mi osserva nessuno e posso usare le parole che voglio, quelle che non userei mai a voce. Giocare, fare tentativi, cancellare e ricostruire tutto da capo senza sconvolgere nessuno.
Ho l’impressione che i miei pensieri corrano troppo veloce, sono difficili da inseguire. Ci vuole tempo e pazienza per riuscire a dire tutto quello che vorrei. E ogni volta è sempre una piccola percentuale del tutto. Il resto si perde ed è difficile distinguerlo in lontananza.
Bradipi in Antartide
P.S. non volevo assolutamente paragonarmi al sommo. Ho cercato un modo immediato visivamente, per rendere l’idea di come mi senta due persone estremamente differenti quando parlo e quando scrivo.
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