Felicità
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Felicità

Capita che comportamenti insoliti come sfarfallare in pubblico ad esempio o isolarsi dagli altri, vengano percepiti da alcuni genitori come qualcosa che può in qualche modo incidere sulla serenità di un bambinə. Si interviene allora per arginare alcuni comportamenti, reindirizzarli o stimolando ad interagire e a socializzare. Tutto questo, per perseguire il più possibile la serenità presente e futura del bambinə, che si pensa possa dipendere da quanto questi riuscirà ad inserirsi nel contesto in cui vive, adeguandosi il più possibile alle norme che lo governano.

Ma la felicità a volte dipende da cose molto diverse da quelle universalmente cercate, da ciò che un po’ tutti vogliono, vorrebbero o pensano di volere. Da ciò che la maggior parte delle persone ritiene importante o considera tappe irrinunciabili nella vita. In altre parole:

Una persona autistica felice, ma felice per davvero, potrebbe anche non sembrare neurotipica.

[descrizione immagine: Bradipo su sfondo circolare giallo, con occhiali da sole e cuffie antirumore, intento a sfarfallare. Accanto alle sue braccia ci sono delle frecce che indicano il movimento (su e giù) e un asterisco indica delle istruzioni: “sfarfallare/agitare (non shakerare)”. In basso c’è scritto: “istruzioni per la felicità”]

Comprenderlo, potrebbe indurre a riconsiderate tante cose, tra le quali molte ansie e paure. Potrebbe innescare una reazione a catena che porti infine al crollo di tutte le certezze che pensavamo di avere, facendoci scoprire quanto si possa star meglio senza.

Se non faccio o non ho fatto qualcosa nella mia vita, non vuol dire necessariamente che mi sia persa qualcosa. Per me (e non solo per me), trovarmi in alcune situazioni, probabilmente sarebbe stato un incubo. Forse quello che faceva o fa felici gli altri, non rende altrettanto felice me.

Ad un pomeriggio di shopping o ad una festa, preferisco di gran lunga incavolarmi con una funzionalità particolarmente ostica, dell’ultimo programma che sto imparando ad usare. E magari manifestare quanto questo mi renda felice e realizzata, con una sessione di stimming estremo.

Diamo per scontate un po’ troppe cose.

So che era un bicchiere di vino, ma faccio parte della lobby degli astemi.
[Descrizione gif: Rappresentazione di due finestre di programma aperte su un pc. Quella in primo piano riporta la scritta: “Felicità, è magiare un panino, stimmare al mattino, è la felicità!”]

Se dall’esterno appaio chiusa, probabilmente respingente, questo non vuol dire che io non abbia interesse per le altre persone o voglia di socializzare. Ce l’ho, ma in misura e con modalità diverse. Tante cose nel tempo mi hanno resa diffidente, timorosa, spesso sono proprio spaventata, ma questo non vuol dire che io sia asociale. Semplicemente vuol dire che ho bisogno dei miei tempi, e modi per avvicinarmi e lasciarmi avvicinare. Questo da sempre, anche quando da ragazzina mi sentivo sola e avevo bisogno di amici. Non andava bene chiunque, ci ho provato a farmelo andare bene, ma era meglio stare da soli.

Neanche le persone a sviluppo tipico vanno d’accordo con tutti e si da per assodato che non vada bene interagire con chiunque, ma si ricercano persone con le quali condividere delle affinità. Ed è giusto che ognuno interagisca nei modi e nei contesti che gli sono più congeniali. Questo sembra non valere per gli autistici che devono socializzare,

DEVONO!

Stessa cosa per ciò che forse è la manifestazione più evidente dell’autismo: le stereotipie o Stimming. In questo post ho elencato in modo esauriente con video e infografiche, quali siano le funzioni dello stimming e non sono certo l’unica ad affermarlo (qui trovate altre testimonianze, qui, qui e anche qui). Eppure ancora troppo spesso le persone sono più preoccupate di interromperle più che comprenderle le stereotipie. Perché interferiscono con le attività, sono troppe, distraggono, sono lesive o autolesive. Ma perché sono tutto questo? E quando lo diventano? Forse sarebbe più utile domandarselo.

Se una luce mi fa male, se un ambiente mi scatena l’ansia e mi fa reagire con una chiusura estrema, dovrei essere ascoltato e quello che dico dovrebbe essere accolto perché “sono io” che vivo e sento in modo diverso.

Sentirsi dire che si sta esagerando, che ci si deve adattare o cose come:

“fatti una risata”

vuol dire negare le esperienze delle persone.

[descrizione immagine: immagine tratta dal cartone Mignolo e prof. I due topi/cavie da laboratorio, stanno dentro alla loro gabbia. Mignolo si tiene le mani, prof. guarda davanti a sè con sguardo truce]

Gli ambienti sarebbero molto più facili da riorganizzare rispetto ai cervelli delle persone. Vorrei vedere meno soldi spesi in ricerche che rendono autistici i topi e più risorse impiegate per aiutare davvero gli autistici (tutti) e le loro famiglie a vivere e partecipare attivamente alla vita sociale, economica, lavorativa…

In aiuti concreti che non si limitino a ribadire come ed in quanti modi possano essere non conformi e quindi difettosi.

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Scritto da Tiziana - Marzo 3, 2021 - 1980 Views

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