Mi capita di non riuscire a dare un nome alle sensazioni che sto provando o di scambiarle per manifestazioni di un disagio fisico. Mi è successo talmente tante volte che mi sono sentita spesso dire: “ma le hai tutte tu?!”
Questo ha finito con l’alimentare la mia ipocondria. Il non sapere perché mi sentissi in un determinato modo, mi spaventava moltissimo e andare dal medico non mi aiutava affatto. Ho preso un’enormità di medicine per una quantità assurda di malesseri non ben identificati, che apparivano e sparivano senza una ragione.

Può essere destabilizzante non capire se quel peso alla bocca dello stomaco sia fame o ansia. E in passato, assieme ai sovraccarichi sensoriali, è stata causa di forti attacchi di panico.
Questa condizione ha un nome: Alessitimia.
La parola Alessitimia, viene dal greco: Alexitimia. Letteralmente vuol dire “mancanza di parole per esprimere le emozioni”. È una condizione che comporta una difficoltà nel riconoscere e descrivere verbalmente i propri stati emotivi.
Le persone con alessitimia tendono a lottare con l’ interocezione, ovvero le loro menti non sono sintonizzate sui loro corpi. Di conseguenza, potrebbero avere difficoltà a distinguere le proprie sensazioni corporee ed emozioni. Ad esempio, potrebbero non essere in grado di dire se si sentono affamate o annoiate.
https://blog.theautismsite.greatergood.com/about-alexithymia/
Immaginiamo cosa voglia dire tutto ciò, per un bambino non verbale
Si stima che circa il 10% della popolazione mondiale, abbia problemi di alessitimia. Tra la popolazione autistica questa percentuale sale al 50%.
Per fronteggiarla mi è utile mettere nero su bianco le mie sensazioni, ripercorrendo gli avvenimenti della giornata, analizzandoli ed elencando le possibili cause del malessere, andando per esclusione.
Ho fame? Gastrite? Mal di pancia? Ho bevuto dell’acqua? Sto in ansia? Sono triste? Altro? Perché? Tra le varie cose successe oggi, qualcosa potrebbe aver causato questo stato d’animo? Come lo definisco?

In questo modo di solito, riesco a venirne a capo. Altre volte, mi è necessario parlarne con qualcuno per fare chiarezza.
Le emozioni più identificabili per me, sono la Paura e la Rabbia. Tutto il resto, è un enorme BOH. Mi è capitato di rendermi conto di essere ansiosa per qualcosa, solo dopo essere andata in sovraccarico (non essendomi risparmiata, spendendo più energie di quelle che avrei dovuto). Altre volte invece, è capitato di sentirmi “bene” e “male” allo stesso tempo, senza capire perché e quale delle due sensazioni prevalesse sull’altra. O di sentire una specie di frenesia fastidiosa (che non potrei definire né allegria, né euforia), rendermi mentalmente iperattiva. Di non riuscire a capire cosa provassi per qualcuno o per qualcosa e finire per sentirlo in modo così intenso da non poterlo contenere. Dire “ti amo” o “ti voglio bene”, è stato allora, come fare uscire un’onda di energia.

Probabilmente lo stereotipo dell’autistico “freddo e senza empatia”, viene proprio da un’interpretazione erronea di questa condizione. Forse l’essere poco centrati su quello che si prova, assieme ad uno scarso controllo delle espressioni facciali, alla tendenza all’iperazionalità… può all’apparenza far sembrare freddi. Mi capita di continuo che lo pensino di me, invece ho una grande capacità di avvertire quando qualcuno intorno, sta male o è triste. E se mi confidano un problema, sento vivido il dolore altrui e un estremo bisogno di fare qualcosa per far stare meglio (riuscirci, allevia l’angoscia e la tristezza, provata in quel momento per la persona cara). Se sono io a stare male invece, il più delle volte, ignoro il perché.
Leggere le testimonianze di altre persone nello spettro, mi ha aiutata molto a fronteggiarlo. Ha diminuito l’ansia che comportava, facendomi sentire meno sopraffatta e prevenendo tanti sovraccarichi, meltdown e attacchi di panico. Allo stesso modo, posso aiutare i miei figli, cercando di far loro capire l’importanza di mettersi in ascolto delle proprie sensazioni per non confonderle e provare a dipanare la confusione quando si renda necessario (andando per tentativi ed esclusione anche lì).
Questo è quello che succede a me. Per altri sarà sicuramente diverso, più o meno difficile da affrontare o presenterà altro genere di difficoltà.
Penso sia importante sapere che questo può succedere, per interpretare al meglio i comportamenti all’apparenza bizzarri o inspiegabili dei più piccoli e di coloro i quali non possono esprimersi. Toccherà ai loro cari, di volta in volta, il compito non semplice di fare chiarezza. Saperlo però, può evitare il degenerare di un malessere in sovraccarico e in meltdown.
Volevo concludere consigliando questo libro, che ho trovato illuminante:
“Atlante delle emozioni umane. 156 emozioni che hai provato, che non sai di aver provato, che non proverai mai”
Una specie di enciclopedia delle emozioni, che tengo sempre a portata di kindle, per rileggerne alcune voci ogni tanto.
“Siamo tutti in grado di riconoscere la differenza tra rabbia e paura, tra desiderio e invidia. Sappiamo anche che è meglio non confondere l’affetto con l’amore, il rimpianto con il rimorso, l’euforia con la felicità. Quello di cui non ci rendiamo conto, però, è che lo spettro delle emozioni umane è ancora più sfumato di così: esistono sensazioni che tutti noi abbiamo provato, stati d’animo molto precisi e inconfondibili, e a cui però spesso non abbiamo saputo dare un nome. Eppure in qualche angolo del mondo, in qualche lingua a noi ignota esiste una parola che li definisce: per esempio, solo gli inuit chiamano iktsuarpok il miscuglio di ansia, nervosismo, eccitazione e felicità che prova chi aspetta l’arrivo di ospiti a casa, o la risposta a una mail importante; per i finlandesi, kaukokaipuu è l’inspiegabile nostalgia per un posto dove non siamo mai stati; gli spagnoli chiamano vergüenza ajena l’imbarazzo empatico di chi assiste alle figuracce altrui. Tiffany Watt Smith attraversa storia, antropologia, scienza, arte, letteratura e musica in cerca delle espressioni con cui le culture di tutto il mondo hanno imparato a definire le proprie emozioni, e nel frattempo ci rivela come siano complesse e sorprendenti anche quelle che credevamo di conoscere bene. Di parola in parola veniamo risucchiati nel caleidoscopio di questo libro divertente, colto e curioso, metà enciclopedia e metà atlante, che mentre mappa le differenze affettive tra i popoli ci ricorda che proprio nell’universalità di ciò che proviamo ci scopriamo uguali.”
Infine elenco di seguito, un po’ di articoli interessanti sull’argomento:
1 Commento
Articolo illumunante. Ho comprato tempo fa quell’atlante e l’ho rivenduto quasi subito perché non riuscivo a districarmi con le descrizioni. È uno studio che comporta tanto tempo, quello della localizzazione fisica delle sensazioni. Ed è incredibile quanto tempo abbia perso prima di capire il mio disagio. Adesso scatto appena “sento” qualcosa di mio e indago. Comparo. I brividi, per esempio…