Il mio sforzo è più grosso del tuo.
In questo periodo sto riflettendo molto (troppo come al solito), su quanto tutti vogliano essere diversi, differenziarsi dalla massa. Considerando questa diversità qualcosa che ti rende “speciale”.
Ma poi la maggior parte della gente quando si ritrova ad aver a che fare con qualcuno di diverso da sé fisicamente, per gusti, percezioni… di fatto ne è terrorizzata, lo schifa o lo prende per il culo.
Mi affascina molto questo concetto al momento.
Secondo questa narrazione, la diversità diventa superpotere e ho visto spesso come si finisca col fare la gara a chi ha il super potere più grande.
Lasciando molto deluso e amareggiato, chi non arriva là dove osano le aquile.
Esci da un contenitore dentro al quale ti sei forzato a vita, entrando in un altro e per starci dentro a pieno titolo, devi rispondere a determinate caratteristiche.
In pratica definizioni diverse, stessa merda.
Ti riduci a voler stare sempre dentro ad un contenitore più piccolo ma in compagnia di altri, che pensi debbano rispecchiarti esattamente. E dove non si collima, si cerca di combaciare trovando similitudini.
Ma non siamo uguali a nessuno, abbiamo percezioni simili ma vissuti diversi.
Solo per questo dovremmo ritenerci tutti speciali, ma in un senso molto diverso.
Il fatto di essere stati esclusi da sempre da ogni genere di gruppo, non essere riusciti ad identificarsi mai in niente e con nessuno, forse contribuisce a sviluppare questa visione.
Alla fine la voglia di appartenenza viene a galla, ti riconosci in un gruppo con le sue regole, molto simili a quello più grande che ti aveva rifiutato o espulso. Ed è quest’ultimo e chi vi si è conformato ad incarnare il ruolo di brutto e cattivo della situazione.
Mi sembra la stessa identica cosa, più in piccolo però, con la pretesa di sembrare diverso.
Un desiderio perfettamente umano. Ma alla fine il dover essere “come”, dover corrispondere a determinate caratteristiche per dirsi membri di un qualcosa, annulla l’individualità e finisce per alimentare stereotipi. Crea malessere presto o tardi e ho provato il bisogno di uscirne. Da fuori si vede tutto meglio.
È stato così in alcuni ambienti lavorativi e poi svariate altre volte.
Col senno di poi ho capito che era il disagio di doversi sforzare troppo ad adattarsi al “contenitore”.
Che poi il non essere abbastanza strani che diventa il motivo fondamentale per non essere adattati, è tutto un colmo carpiato inturciuniato (attorcigliato), che solo a pensarci mi si slogano le meningi.
Disadattati tra i disadattati! (Sono il più strano di tuttiii evvivaaaa)
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