Blues
Due settimane fa, quando mi sono rimessa davanti al pc per realizzare le prime vignette, ero in preda ad uno dei miei periodici attacchi di “blues”.
Non riuscivo a muovere un muscolo e dentro la testa era un continuo ciarlare di questa voce che non fa che dirmi le peggiori cose su di me, dandomi la colpa di tutto, fin dall’estinzione dei dinosauri. Ormai so che arriva e che poi se ne va, l’importante è non crederle perché altrimenti mette le tende e comincia ad arredare il baratro.
Consapevole di ciò, ho provato ad ignorarla, a zittirla, a tenermi impegnata piena di buone intenzioni e di tanti programmi, ma niente. Più mi applicavo per venire fuori dal pantano, più rimanevo immobile. E mentre continuavo a stare male chiedendomi quando sarebbe passata, mi è venuta l’idea di raccontarlo.
Mentre cercavo di dargli sembianze “bradipesche”, mi sono ricordata di tutte le battaglie perse contro quella voce infame. Somma di voci antiche che si fanno una e si spacciano per me, ho finito per crederle e e alla fine mi ha immobilizzata per anni. Ricordandomi una per una a chi appartenessero in realtà quella voci, mi sono chiesta cosa rendesse tutta sta gente così speciale da ergersi a giudice supremo del mio e dell’altrui valore. Forse sotto sotto, questo nascondeva il sentirsi una merda e il desiderare qualcuno accanto a fargli compagnia. Io non voglio più sentirmi una merda. Non sarò quella super sveglia, intelligente, bella… sarò io ed è già tanto.
Aver tirato metaforicamente la catena, non ha risolto tutto immediatamente, ma è stato liberatorio ?
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