Burnout autistico, il costo dell’indistinguibilità
Manuale di Sopravvivenza per Bradipi in Antartide

Burnout autistico, il costo dell’indistinguibilità

Burnout Autistico: una cosa di cui si parla poco e niente, ma è una cosa con la quale presto o tardi molte persone autistiche si ritrovano a fare i conti.

Burnout, vuol dire “esaurimento”, “logorio”, “deterioramento”.

La Sindrome da Burnout, si verifica in seguito ad un forte e prolungato stress (di solito di tipo lavorativo). Se ne parla molto più comunemente per tutte le professioni di assistenza e cura (medici, infermieri, psicologi, insegnanti…). Recentemente, l’OMS l’ha inserita nel novero dei disturbi medici.

[Descrizione immagine: Nella prima c’è un cerino che brucia su sfondo blu/verde petrolio. Sopra e sotto c’è la scritta: “Burnout Autistico”.]

In verità non si tratta di una vera e propria malattia, ma di un”problema associato alla professione”. I sintomi: “spossatezza sul luogo di lavoro”, “cinismo, isolamento o in generale sentimenti negativi” ed “efficacia professionale ridotta”. Il risultato è una “sindrome che porta a stress cronico impossibile da curare con successo”.

Da la: “Repubblica”

Il Burnout Autistico, non è legato all’ambito lavorativo (o almeno non soltanto). Ma allo stress neurologico dato dall’indossare maschere sociali, dal tollerare un eccesso di stimoli sensoriali, emotivi e psicologici, dal funzionare al di sopra delle proprie forze e caratteristiche, per troppo tempo.

[Descrizione infografica. Riquadro verde in cui si illustrano i segnali: – mancanza di motivazione
– diminuzione delle capacità di funzione esecutiva
– difficoltà nel prendersi cura di sé
– facilità nel raggiungere sovraccarico o meltdown
– mutismo selettivo
– letargia, esaurimento
– problemi di memoria
– ridotte abilità sociali
– aumento delle stereotipie
– potrebbe essere preceduto da un picco di energia]

Se per anni questo stress si accumula, spesso quando non si ha ancora una diagnosi né il sospetto di essere autistici, è probabile che queste crisi diventino cicliche e che si susseguano nel tempo. Cicli che spesso vengono scambiati per depressione o altro e curati con terapie farmacologiche spesso inutili, se non dannose.

La vera origine del disagio, ovvero: il non assecondare per troppo tempo il proprio modo di essere e funzionare, resta invisibile.

Questi periodi, sono caratterizzati da vere e proprie regressioni. Si possono perdere abilità organizzative, funzioni esecutive, avere difficoltà di auto cura. Si possono avere sovraccarichi sensoriali ed emotivi più frequenti. Altrettanti meltdown e shutdown. Ci si può trovare a ritirarsi socialmente, a isolarsi.

Non si ha sicuramente più la forza di mantenere la facciata di “normalità”

Lo stress prolungato si paga e cose che riuscivi a fare, non riesci più a farle altrettanto bene. Ti senti sprofondare nelle sabbie mobili dell’immobilità, incapace di andare avanti o indietro. In questi lunghi momenti, è molto facile darsi addosso e colpevolizzarsi per il fatto di non riuscire più a “funzionare“.

fografica: riquadro arancio in cui si illustrano le cause: illustra le cause:
– utilizzo prolungato e frequente di maschere sociali
– superlavoro
– carico di stress eccessivo
– frequenti sovraccarichi cognitivi, emotivi, sensoriali
– accumulo di cambiamenti (relazioni, lavoro, ambiente, routine)]

Ma non è una colpa essere stanchi. Il mondo fuori, non fa sconti. Sei un “autistico lieve” secondo una concezione universalmente diffusa e banalizzante, quindi da fuori devi risultare “quasi normale”

Si pretende che tu sia performante e che ti adatti al mondo.

Trova le tue strategie e poche storie, che il mondo non si ferma ad aspettarti!

Hai utilizzato tutte le tue energie e stai in riserva da troppo tempo.

Chiunque crollerebbe.

Il mondo finisce col travolgerti. Conseguire obiettivi quotidiani diventa schiacciante. Non appari più così tanto lieve”.

Ma perché prima funzionavi e adesso no?

Perché lo hai fatto per troppo tempo non risparmiandoti!

Immaginate le quantità di ansia giornaliera abnormi, ingurgitate dai nostri corpi e cervelli per anni. Prima o poi il contraccolpo arriva e la corda si spezza.

Tutto questo non vale soltanto per gli autistici definiti “lievi”, ma anche per chi sperimenta delle compromissioni. Il Burnout può essere una realtà per tutti gli autistici a prescindere che possano raccontarlo o meno. Dai e dai, la corda si spezza per tutti. Diventa fondamentale in questi casi che i caregiver ne siano coscienti per prevenirlo e in grado di ravvisarne i segnali i segnali quando questo sopraggiunga e in fine in grado di agire di conseguenza.

Il rimedio?

Assecondare il proprio modo di essere, imparare a conoscersi a dosarsi. Concedersi, come tutti al mondo, la possibilità di essere sfiniti e dei tempi di recupero adeguati. Va bene il ritiro, il silenzio. Non ce la da nessuno una medaglia se arriviamo primi saltellando su un piede solo.

Non facciamoci imbrigliare pure noi dalla logica del “sembri normale e allora devi funzionare in maniera quasi normale”

Ho fatto questo per troppo tempo, pagandone il prezzo.

Non è giusto.

Dobbiamo imparare a gestire le priorità, a scegliere le nostre battaglie, concedendoci delle pause. Soprattutto a non andare contro noi stessi.

Altrimenti arriverà puntuale il Burnout, ad arrestare tutto perché siamo andati in debito energetico. E recuperare può richiedere anche parecchio tempo.

L’autismo è una diversa organizzazione del sistema nervoso, ma siamo umani anche noi e sperimentiamo come tutti la nostra umanità. Il Burnout è una realtà anche per le persone a sviluppo tipico. Lo stress e il super lavoro logorano. Gli autistici questo stress lo sperimentano di continuo frequentando luoghi non adeguati sensorialmente, venendo spinti a performare, ad adeguarsi, coltivando sensi di colpa a vita, sperimentando sovraccarichi cognitivi, emotivi, sensoriali, tracolli e spegnimenti frequenti. Questo si paga sperimentando queste crisi spesso cicliche interpretate spesso come un’aggravamento della propria condizione, quando è semplicemente un meccanismo umano. Capita a tutti di crollare, ma nel caso dell’autismo vengono messe in campo strategie di “miglioramento” per alzare ancora un po’ l’asticella delle performance, illudendosi di fronteggiare la situazione, quando bisogna solo lasciare spazio, tempo e riposo.

[Descrizione immagine: infografica su riquadro verde scuro, in cui si illustrano le strategie per fronteggiare un Burnout: le strategie:
– darsi tempo
– pause, pianificazione, gestione impegni
– pausa dal lavoro
– stimming, protezione dagli stimoli
– spazio alle routine
– lasciar stare le maschere
– dire no, stabilire confini
– solitudine e silenzio
– dedicarsi ai propri interessi e passioni (senza forzarsi, solo se abbiamo voglia e ci fa star bene)
– ascoltare, validare e assecondare i segnali del corpo]

Essere forti significa essere invulnerabili, non avere limiti. Che puoi sopravvivere a tutta la merda e risolvere il caos di tutti. Salva il mondo, a costo di annegare.

Radical Neurodivergence Speaking ( Il costo dell’indistinguibilità è irragionevole.)

No, questo non è giusto, né umano.

PS: mi accorgo di avere molte meno energie rispetto al passato e i tempi di recupero dopo il burnout vanno allungandosi, quindi è basilare imparare a gestire le proprie energie, assecondare i segnali del proprio corpo e nel caso di bambini che chi se ne prende cura validi certi segnali e insegni loro a farlo.

Di seguito vi linko una serie di articoli che ho trovato in rete sull’argomento ai quali mi sono ispirata per scrivere il post.

[1] Fonti infografica: Fonti: “Autistic Burnout – Are you going through Burnout” Anonymously Autistic, Endow Judy. “ Autistic Burnout and Aging” Ollibean. “Help I seem to be getting more autistic” American Asperger’s Association – Kym Cinthia. “ Autistic repression and fluid Adaptation”
“Masking of an aspie” Shaber Amytest “Ask an autistic – What is Autistic Burnout” Lindsey Allen, AWN Nebraska. – Autism Women/s Network

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Scritto da Tiziana - Aprile 28, 2020 - 13271 Views

6 Commenti

  • Lucia Maggio 17, 2023 a 9:03 am

    Tiziana, ciao! Grazie, prima di tutto. Vorrei a proposito chiederti un parere. È possibile avere un burn out dopo aver lasciato volontariamente un lavoro, dopo un anno in cui mi sono sentita sfruttata e presa in giro? Voglio dire: la componente emotiva basta a provocare un burnout? Sono molto sensibile ai comportamenti scorretti ma mi aspettavo che andando via mi sarei sentita bene, invece sono immobile e bloccata ulteriormente dai sensi di colpa per la paura di deludere tutti, che sembrano sempre guardarmi come quella che potrebbe fare grandi cose ma che per qualche strano motivo fallisce sempre.

    Risposta
    • Tiziana Maggio 24, 2023 a 2:26 pm

      Ciao. Si è possibilissimo. Le emozioni che descrivi possono eccome avere degli strascichi e sfociare in burnout. succede spesso anche a persone non autistiche. Concediti del tempo per recuperare e se riesci non darti addosso. Se sei andata via per quei motivi, forse non c’erano molte altre alternative. Ti comprendo molto bene, anche la mia storia lavorativa non è stata delle più semplici

      Risposta
  • Alessandra De Angelis Marzo 7, 2022 a 12:18 am

    Ti ringrazio moltissimo. ❤️?

    Risposta
    • Tiziana Marzo 9, 2022 a 9:11 am

      Grazie a te 🙂

      Risposta
  • N. Luglio 5, 2021 a 11:20 pm

    La ringrazio per questo approfondimento…è da poco che ho finalmente capito di essere autistica e nonostante io sia appena diventata un’ adolescente mi ritrovo nei segni iniziali del burnout…spero di poter far sentire la mia voce a chi mi circonda prima che la situazione peggiori. Ancora tante grazie non solo per questo articolo ma anche per il lavoro che lei compie qui sul blog e sugli social. Buona serata 🙂

    Risposta
    • Tiziana Luglio 6, 2021 a 6:55 am

      Ciao. L’adolescenza è uno dei periodi più difficili e anche io ho sperimentato il mio primo burnout in quegli anni. Ti abbraccio virtualmente, sperando le cose vadano presto meglio e ti ringrazio per il tuo sostegno

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