Come ti sentiresti tu se…
È la frase che mi hanno ripetuto più di tutte quando ero bambina. E allora per ogni cosa che succedeva ogni giorno della mia vita, mi sono chiesta “come mi sarei sentita io se…”
E cavolo quanto è stato faticoso, all’inizio mi arrabbiavo e tanto anche. Oggi mi rendo conto di quale enorme ricchezza sia stata invece, perché io ho capito sempre tutti e tanta gente si è sentita capita da me. Ma è stato anche un male, in quanto ho sempre anche giustificato tutti. Perché:
“quello soffre, quell’altro in fondo non lo fa apposta, quello sta attraversando un momento taaanto difficile (che dura da anni però)”
Alla fine della fiera, l’unica che non ho capito, scusato e compreso negli anni è Tiziana.

Se ne sono approfittati in molti, in troppi.
Vi è mai capitato che qualcuno che non conoscete, che non avete mai visto in vita vostra, vi raccontasse tutta la sua vita passata e presente, aspirazioni future comprese? A me si. Mi succede continuamente. Sembra mi riconoscano da lontano con uno sguardo. Io non so come facciano, forse ce l’ho scritto in fronte “io capisco tutti“.
Vengono a raccontarmi tutta la loro vita densa di particolari ed aneddoti personali imbarazzanti. Una cosa che non sempre è carina da gestire. Anzi, la vivo spesso come una vera invasione. Alla fine di queste confessioni, vado via col mal di mare, completamente prosciugata. Mentre il mio interlocutore, si è alleggerito del suo fardello e probabilmente non lo rivedrò mai più.

Quindi ad un certo punto hanno cominciato a girarmi le scatole. Perché solo io dovevo immaginare “come mi sentirei io se…”?
Era sicuramente un’esperienza da far provare a tutti quanti. Magari pure qualcosa per cui qualcuno avrebbe potuto voler pagare, quella di sentirsi nei panni di un altro. Uno strumento utile e indispensabile per appianare incomprensioni e divergenze.
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L’unico effetto collaterale – scritto in caratteri piccolissimi in fondo in fondo al bugiardino e detto veloce alla fine della pubblicità in tv: l’atrofizzarsi definitivo di quel “muscolo” già tanto mal ridotto.

Tutti lì a parlarsi e a capirsi, pronti a fare un giro sulla giostra delle emozioni altrui. Buoni propositi, ridotti a semplice attrazione. Ci si “sente” ancora meno di prima.
Poi mi sono svegliata…
e ho pensato che forse più che una macchina che faccia uscire fuori da sé, ci vorrebbe una mamma, una maestra che dica a tutti (ma proprio a tutti): “come ti sentiresti tu se”, facendolo diventare un riflesso incondizionato. Talmente tanto, che nessuno proverà ad approfittarsi della voglia di comprendere di qualcun altro. E che non ci saranno più incompresi o cose giudicate come capricci o invenzioni.
Perché se una cosa la provo solo io, ma te la racconto tentando di fartela capire, visto che non posso fartela provare (e non vorrei mai farlo perché spesso non è piacevole), basterebbe solo una cosa sola per capire, una soltanto:
Empatia.
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