Bolle
Oltre alle bolle che ti disegnano attorno, ci sono quelle in cui ti senti stringere tutte le volte in cui provi a spiegare un punto di vista o a comunicare un pensiero, e puntualmente arriva il fraintendimento. La gente si offende, ti danno dellə maleducatə, tu provi a spiegarti, fraintendono ancora di più e la comunicazione diventa impossibile per quanti sforzi tu faccia. Quando questo è successo e succede, la sento forte la presenza di qualcosa di tangibile tra me e i miei interlocutori, che rende di fatto impossibile capirsi.
Negli anni ho creduto dipendesse da me, dal fatto di non sapermi esprimere abbastanza bene. Ho finito allora per starmene zitta e non dire più quello che pensavo, macerandomi dentro. Quando mi hanno scritto nero su bianco:
“sei autistica”
ho pensato che tutto dipendesse proprio da questo e che dovevo essere ancora una volta io a tradurmi. Ero sempre andata incontro agli altri, lo avrei fatto ancora di più e fino all’inverosimile, perché il “deficit” comunicativo era il mio.
Poi il tempo è passato, e ho cominciato a realizzare che non può essere sempre e solo mia la responsabilità delle incomprensioni, né sempre mia la colpa. In una comunicazione, la responsabilità di capirsi ce l’hanno entrambi gli attori in gioco. E questo non comprendersi è una strada a doppio senso. Forse abbiamo tutti una bolla attorno, pure chi pensa di non avercela, e ritrovarcisi imprigionati dentro non è poi così complicato. Mica dobbiamo sempre scomodare l’autismo per ogni cosa.
Le bolle, le disegniamo attorno a noi e agli altri quando non vediamo o ci rifiutiamo di vedere e accettare che non tutti comunicano, sentono, percepiscono, pensano, giocano, amano, vivono… come noi.
Invece di andare in giro compiangendo le ipotetiche bolle altrui, bisognerebbe smettere di ignorare l’aria viziata che ci sta dentro alla propria.
In merito a tutto questo, consiglio di leggere questo post del marzo dell’anno scorso:
“L’Empatia autistica” non è una contraddizione
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